Vanno censurati non solo i distanziometri espulsivi comunali ma anche quelli di derivazione regionale. GERONIMO CARDIA (PRESSGIOCHI MAGGIO-GIUGNO 2022)

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Si intende qui mettere in evidenza quanto la giurisprudenza sin ora incontrata abbia dimostrato di essere disposta a censurare distanziometri esageratamente invalidanti (perché caratterizzati da parametri tecnico urbanistici troppo ampi) se fatti direttamente dai comuni.

Ad oggi la giurisprudenza, invece, sembrerebbe stentare a prendere provvedimenti nei confronti di distanziometri, altrettanto invalidanti, se adottati con leggi regionali, rifiutando in particolare di ritenere anche solo non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale poste nella misura in cui i distanziometri risultino appunto viziati dal cosiddetto effetto espulsivo (i.e. divieto sulla sostanziale totalità del territorio, attenzione sostanziale).   Per inciso le perizie tecnico urbanistiche parlano sempre di percentuali di 99 percento o giù di li.

In effetti in ambito giudiziale la cosiddetta Questione Territoriale relativa ai distanziometri stenta a trovare una soluzione definitiva.  Ed infatti, mentre, da un lato, la giurisprudenza non ha dimostrato grandi difficoltà a cassare direttamente distanziometri espulsivi concepiti a livello Comunale quando privi di una copertura di una legge Regionale e vistosamente esagerati nei rispettivi parametri urbanistici, dall’altro, non si è ancora giunti ad un espresso ed univoco rinvio alla Corte Costituzionale di una norma regionale o provinciale per non manifesta infondatezza di questioni di legittimità nella misura in cui la norma impugnata determini in concreto un effetto espulsivo.

Di esempi di annullamenti o critiche a distanziometri espulsivi “comunali” privi di copertura di norma regionale ve ne sono ormai diversi ed al riguardo si rammentano:

(i) l’annullamento del distanziometro concepito inizialmente dal Comune di Bologna (quello per intendersi che prevedeva un raggio di interdizione di mille metri) in autonomia rispetto a quello della Regione Emilia Romagna (sul punto cfr., in particolare, sentenze Tar Emilia Romagna numero 396/2015 e numero 407/2015 e sentenze Consiglio di Stato numero 578/2016 e numero 579/2016);

(ii) l’annullamento della rivisitazione da parte del Comune di Bolzano dei parametri del distanziometro della Provincia di Bolzano (sul punto cfr., in particolare, sentenze Tar Bolzano numero 301/2016 e numero 302/2016);

(iii) l’annullamento del distanziometro concepito dal Comune di Livorno in autonomia rispetto alla Legge Regione Toscana (sul punto cfr., in particolare, sentenza Tar Toscana numero 715/2017).

 

Più recentemente è intervenuto un altro provvedimento, il numero 181/2021 dell’8/2/2021, adottato nell’adunanza di Sezione Prima del Consiglio di Stato del 2/9/2020, nell’ambito di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, per l’annullamento della deliberazione del Consiglio Comunale n. 8 del 30/3/ 2017, divenuta esecutiva in data 23/4/2017, del Comune di Medole avente ad oggetto “il regolamento che disciplina l’accesso alle aree e ai locali per il gioco d’azzardo lecito nonché la comunicazione datata 7 luglio 2017, prot. 2091/3325, a firma dello Sportello Unico Attività Produttive del Comune di Medole, con la quale è stato comunicato l’annullamento della “SCIA presentata (…) per installazione apparecchi per il gioco lecito”.    Nel provvedimento si legge che tra i motivi del ricorso che sono stati presentati vi sono: (i) la violazione della Legge Regione Lombardia n. 8/2013 in relazione all’individuazione di ulteriori luoghi ritenuti come sensibili, posto che il criterio individuato dalla legge prevede che si tenga “conto dell’impatto dell’installazione degli apparecchi di cui al comma 1 sul contesto e sulla sicurezza urbana, nonché dei problemi connessi con la viabilità, l’inquinamento acustico e il disturbo della quiete”;  (ii) ed anche il concreto effetto espulsivo dalla sostanziale totalità del territorio, provocato dal distanziometro in questione, strutturato su una distanza di 3.000 metri (in luogo dei 500 previsti dalla legge regionale).    Il provvedimento precisa che: (i) “Il Comune ha deciso di aumentare tale distanza a 3000 metri”; (ii) “La deliberazione consiliare non esplicita le ragioni di una siffatta scelta, derogatoria del limite massimo di 500 metri”;   (iii) la deroga imporrebbe “una motivazione rafforzata, specifica e puntuale, frutto di una istruttoria approfondita e tecnicamente supportata”;   (iv) “La motivazione (postuma) [rispetto alla delibera] addotta appare apodittica e tautologica, replicabile per qualunque tipo territorio comunale in quanto astratta e generica.”;   (v) “Essa si traduce nei fatti, sostanzialmente, in un divieto di esercizio del gioco legale nell’intero perimetro del territorio comunale, stante l’impossibilità, conseguente al criterio del distanziamento utilizzato, di individuare luoghi in cui ubicare esercizio di gioco che rispettino le distanze dai luoghi sensibili.”;   (v) “il riferimento alla conformazione del territorio è indice, semmai, dell’eccesso di potere perché utilizzato strumentalmente per vietare in modo generalizzato e surrettizio l’esercizio dell’attività economica sull’intero perimetro del territorio comunale, laddove essa conformazione avrebbe dovuto imporre un maggiore onere motivazionale per addivenire alla scelta più oculata.”;   (vi) “Non è dato comprendere, in altri termini, quale argomentazione logica sia in concreto sottesa alla incidenza del nuovo limite di distanza in ordine alla collocazione delle sale.”;   (vii) “Questo non implica che il Comune non possa giungere allo stesse conclusioni qui censurate, ma per farlo deve passare attraverso un’approfondita istruttoria tecnica, basata su elementi di fatto congruenti, previamente accertati e riscontrabili, da cui sia possibile evincere la concreta incidenza del nuovo limite di distanza sulla collocazione delle sale.”;  (viii) “L’unico documento successivamente acquisito e prodotto dal Comune è rappresentato, invero, da un elenco di dati inerenti la raccolta e le vincite di gioco nel territorio provinciale.   Un documento, questo, senz’altro sintomatico e preoccupante ma purtroppo insufficiente a supportare la decisione nei termini assoluti in cui essa è stata presa”.   Con questo iter logico motivazionale il Consiglio di Stato ha previsto per quel che qui rileva che: “il ricorso in esame s’appalesa fondato (…); pertanto (…) esso va accolto. Per l’effetto, deve essere annullata (…) la deliberazione del consiglio comunale (…) per difetto di istruttoria e di motivazione, avuto riguardo al divieto di apertura o di trasferimento di sale da gioco nonché di installazione di nuovi apparecchi (…) in locali che si trovano a una distanza inferiore a 3000 metri da luoghi sensibili (…)”.

Posto che anche per i distanziometri di derivazione regionale le perizie urbanistiche degli operatori spesso dimostrano le medesime difficoltà applicative in concreto rinvenute alla ricerca di uno spazio di insediabilità e denunziano l’effetto espulsivo anche delle realtà preesistenti, si tratterebbe per essi solo di valutare non manifestamente infondate le diverse questioni di legittimità costituzionale conseguenti.

Ciò consentirebbe peraltro di anticipare gli effetti chiaramente voluti anche dal legislatore nazionale con il riordino posto dall’Intesa Stato/Regioni del 2017 (inspiegabilmente ritenuta solo per certi versi e solo in alcune sentenze dai principi non cogenti) e con il riordino impostato dalla Legge Delega che in questi tempi dovrebbe atterrare in sede parlamentare.   Il tutto mentre i DEF degli ultimi anni, compreso l’ultimo, continuano ad annunciare collegato alla decisione di ciascun bilancio il riordino del settore dei giochi

Geronimo Cardia



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