09 Feb MILANO DA BERE, MA NON DA GIOCARE (GIOCONEWS FEBBRAIO 2015)
Sono di questi giorni le pronunzie con le quali il Consiglio di Stato ha confermato il rigetto operato dal Tar Lombardia dei ricorsi avverso l’ordinanza del Sindaco di Milano del 15/10/2014 recante: “Disciplina comunale degli orari di esercizio delle sale giochi autorizzate ai sensi dell’art. 86 TULPS e degli orari di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro di cui all’art. 110, 6° comma, installati negli esercizi autorizzati ex artt. 86 e 88 del TULPS, R.D. n. 773/1931”.
Tra le osservazioni evidenziate dal Consiglio di Stato vi sono le seguenti: “non si configura alcuna carenza di istruttoria e motivazione” e “le censure che lamentano l’irragionevolezza e la sproporzione dell’azione amministrativa sono inammissibili nella parte in cui sollecitano il giudice amministrativo a esercitare un sindacato di merito sulle scelte ampiamente discrezionali rimesse alle valutazioni tecniche ed amministrative dell’organo politico che non trasmodano nell’abnormità”.
Su questi specifici punti potrà necessariamente tornarsi nella fase di merito dei giudizi per evidenziare che in realtà vi sono numerosi spunti che impongono una riflessione.
Diverse sono le contestazioni mosse al provvedimento comunale, quanto al difetto di istruttoria. In primo luogo, l’Amministrazione comunale non ha ritenuto opportuno di indire una procedura di preventiva consultazione con i concessionari e/o con gli operatori del gioco (ad esempio, con le rispettive associazioni rappresentative).
Va poi rilevato che le preoccupazioni lamentate dall’Amministrazione comunale non appaiono assistite da un’adeguata istruttoria in ordine al paventato fenomeno patologico, ma si fondano esclusivamente su meri dati (di provenienza per lo più ignota), non sufficienti a motivare i provvedimenti restrittivi gravati. Nello specifico, dall’Ordinanza emerge che “nei SerT (Servizi per le Tossicodipendenze) del Dipartimento dipendenze della ASL di Milano, le persone affette da patologia da gioco d’azzardo sono quasi trecento, con un aumento del 40% in ognuno degli ultimi tre anni stimando in 2.500 le persone che avrebbero bisogno di cure”. Non è chiaro (i) come l’Amministrazione, assumendo il dato SerT di 300, abbia potuto stimare in 2.500 le persone bisognose di cure; (ii) se il paventato aumento progressivo dei ludopatici negli ultimi tre anni sia un aumento “di prevalenza” (che non distingue se il numero dei visitati sia solo di nuovi casi o il numero misto di casi recidivi già trattati e nuovi e diversi casi), ovvero “di incidenza ” (dove l’incremento è dato solo da nuovi casi); (iii) se vi sia una valutazione sui soggetti che l’ordinanza intende salvaguardare (giovani ed anziani) – peraltro, è stato sostenuto che i dati richiamati nell’Ordinanza non risulterebbero forniti o sollecitati dalla Asl di riferimento -; (iv) da dove risulti quanto asserito e che cioè “a Milano, la dipendenza da gioco nella misura del 75% del totale, è specificatamente riferita all’utilizzo delle apparecchiature per il gioco di cui all’art. 110, comma 6, TULPS e che, quindi, tali apparecchi da gioco sono da considerarsi, nella loro eccezione negativa, strumenti di grave pericolo per la salute individuale ed il benessere psichico e socio-economico della popolazione locale, oltre che motivo di forte disagio e origine di episodi di disturbo della quiete pubblica”.
Senza contare che il Sindaco ha adottato le limitazioni orarie senza gli indirizzi del Consiglio comunale, per giunta col parere sfavorevole della Commissione Consultiva, istituita dalla Legge Regionale n. 6/2010 e composta da rappresentanti delle associazioni dei pubblici esercizi, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori del settore, delle associazioni dei consumatori e degli utenti e della CCIAA.
Altro aspetto contestato è che non si trova una valutazione della idoneità della misura in quanto al perseguimento dello scopo dichiarato.
Sotto questo profilo, ammesso e non concesso che come si legge nella ordinanza del Consiglio di Stato “le censure che lamentano l’irragionevolezza e la sproporzione dell’azione amministrativa sono inammissibili nella parte in cui sollecitano il giudice amministrativo a esercitare un sindacato di merito sulle scelte ampiamente discrezionali rimesse alle valutazioni tecniche ed amministrative dell’organo politico”, tuttavia è altrettanto vero che, come ivi espressamente indicato, il sindacato va operato laddove le misure “trasmodano nell’abnormità”.
Nel caso in questione la misura trasmoda nell’abnormità per tutta una serie di ragioni. L’abnormità va ricercata nei seguenti aspetti:
(i) la macroscopica inidoneità della misura adottata a perseguire gli obiettivi di contenimento della ludopatia (chi può affermare che la riduzione degli orari di apertura delle pasticcerie sia misura idonea a ridurre il numero dei soggetti affetti da diabete? Chi può escludere che chiuse tutte le pasticcerie i golosi accedano al mercato delle bancarelle illegali con dolci prodotti e provenienti chi sa da dove? NESSUNO);
(ii) la riduzione di orario imposto è tre il 40% dell’orario normale: le ore tagliate sono 8, da 18 a 10;
(iii) l’esistenza di specifiche discipline a livello nazionale che si pongono l’obiettivo di tutelare i minori, come: (a) l’art. 110, comma 8 del TULPS, come modificato dall’art. 22, comma 3, della L. 289 del 27.12.2002, (“L’utilizzo degli apparecchi e dei congegni di cui al comma 6” è “vietato ai minori di anni 18”); (b) l’art. 24 del D.L. 98 del 6.07.2011 (con il divieto di “consentire la partecipazione ai giochi pubblici con vincita in denaro ai minori di anni diciotto”); (c) il successivo comma 21 (con la relativa “sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinque mila a euro ventimila” o “la chiusura dell’esercizio commerciale, del locale o, comunque, del punto di offerta del gioco da dieci fino a trenta giorni”); (d) il cosiddetto Decreto Balduzzi comma 8 dell’art. 7 (“è vietato l’ingresso ai minori di anni diciotto nelle aree destinate al gioco (…)”;
(iv) l’adozione disordinata da parte di diversi Comuni di orari differenti, come a dimostrare che non c’è una cura univocamente individuata;
(v) le continue indicazioni del legislatore nazionale che si è più volte speso e si sta spendendo per evidenziare le esigenze di coordinamento: (a) l’art. 14 della Delega fiscale 2014 approvata con la Legge n. 23 dell’11.03.2014 dispone il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici e prevede “forme vincolanti di partecipazione dei comuni competenti per territorio” che non includono quindi poteri autonomi deliberativi, nel rispetto della “riserva dello Stato della definizione delle regole necessarie per esigenze di ordine e sicurezza pubblica, assicurando la salvaguardia delle discipline regolatorie nel frattempo emanate a livello locale che risultino coerenti con i principi delle norme di attuazione della presente lettera”; (b) l’art. 117 della Cost., nella nuova veste prevista dall’approvanda riforma del titolo V della Costituzione, attribuisce alla Stato la legislazione esclusiva in materia di norme generali per la tutela della salute e concede allo Stato la possibilità di “intervenire in materie o funzioni non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica della Repubblica o lo renda necessario la realizzazione di programmi o di riforme economico-sociali di interesse nazionale”.
Questi temi dovranno essere trattati nelle fasi di merito dei giudizi pendenti e l’auspico è che con le altre motivazioni dedotte si giunga ad una soluzione che faccia giustizia. Un’apertura, un segno di disponibilità del Tribunale a capire meglio se il fenomeno sia dal Comune stato inquadrato e, nel caso, se ciò sia avvenuto correttamente nella fase istruttoria, vanno individuati nella recente ordinanza istruttoria con la quale il Tar Lombardia ha, questa volta per il Comune di Pavia, invitato il Comune a fornire approfondimenti e dati, sentita la Asl competente, su punti e soggetti affetti da ludopatia. In ogni caso occorrerà valutare portata e contenuti dell’attuazione della legge delegale e dell’entrata in vigore della riforma del titolo V della Costituzione, pure richiamate.