09 Dic Il Comune di Trento sospende il controllo e la vigilanza sull’attuazione del distanziometro in attesa del giudizio del Consiglio di Stato (Pressgiochi, 9 dicembre 2022)
Il Comune di Trento ha comunicato agli operatori del gioco, alle associazioni di categoria e al servizio di polizia locale la decisione di sospendere temporaneamente il controllo e la vigilanza sull’applicazione del distanziometro sugli apparecchi da gioco ai luoghi sensibili.
“Preso atto dei decreti cautelati adottati dal presidente del Consiglio di Stato in merito alla sospensione dell’efficacia dei provvedimenti di rimozione degli apparecchi da gioco sul territorio comunale, collocati ad una distanza minore di 300 metri dai luoghi sensibili ai sensi dell’art. 5 della legge provinciale n. 13 del 2015, in attesa dell’udienza fissata il 12 gennaio 2023 che deciderà in merito alle misure cautelari, ritiene di sospendere le funzioni di controllo e vigilanza fino a diversa comunicazione”.
Con questa comunicazione, il Comune risponde all’istanza fatta dallo studio legale Cardia in attesa della Camera di consiglio del 12 gennaio.
Lo scorso 6 dicembre, il Consiglio di Stato ha emesso un decreto cautelare con il quale ha accolto le richieste di una sala giochi contro il distanziometro espulsivo della Provincia di Trento sospendendo la chiusura della sala almeno fino alla camera di consiglio fissata al 12 gennaio 2023.
“Si potrebbe dire – ha commentato l’avv. Geronimo Cardia che ha difeso gli operatori di gioco nei due appelli all’esame del CdS – che essendo la nota rivolta all’intero comparto ne discende quanto meno un mese in più di lavoro, di gettito erariale, di controllo dei territori e tutela degli utenti dall’offerta illegale”.
Il Consiglio di Stato, accogliendo la richiesta di sospensiva del provvedimento, aveva motivato così:
“Interessante che dal Consiglio di Stato venga valorizzato il fatto che l’urgenza di chiudere tutto non risulterebbe così stringente atteso che l’entrata in vigore del distanziometro sia stata dallo stesso impianto normativo differito nel tempo di “cinque sette anni”” commenta l’avvocato difensore della sala Geronimo Cardia.
Come ha chiarito il Consiglio di Stato: “nel caso in esame, il pregiudizio dedotto dalla parte istante pare acquisire cumulativamente, anche nell’intervallo temporale anzidetto, i suddetti caratteri di gravità, irreversibilità e irreparabilità, anche in considerazione del fatto che, in ragione del calendario delle udienze della sezione nel periodo natalizio, l’esame collegiale della vicenda non potrà avvenire prima della fine delle festività, ossia solo poco prima della metà di gennaio 2023, e che comunque, all’udienza di merito già fissata dal T.A.R., difficilmente potrà rendersi una sentenza definitiva, ove non reiettiva, sussistendo l’intermediazione di un atto legislativo non direttamente scrutinabile dal giudice amministrativo;
Ritenuto altresì, sotto il medesimo profilo, che – a fronte di un criterio legislativo che ha concesso una “vacatio” applicativa di cinque o sette anni dall’entrata in vigore della legge provinciale prima di dover conformare a essa le situazioni già in essere – non pare esatto considerare prevalente l’urgenza di adeguare la situazione di fatto al precetto legislativo con immediatezza, rispetto al più grave periculum in mora qui dedotto dall’appellante per la propria continuità aziendale;
Ritenuto, in particolare sub specie di fumus boni iuris, che, nella specie, occorre considerare – nell’ambito, peraltro, di un fenomeno che sta interessando più d’una Regione, e in questo periodo non raramente anche l’Emilia Romagna, rispetto alla quale questa Sezione sta rendendo più pronunzie, non solo in sede cautelare – da un lato che neanche la tutela del diritto alla salute, per quanto nella specie effettivamente sussistente, può configurarsi come c.d. “diritto tiranno” rispetto agli ulteriori diritti, pure costituzionalmente rilevanti, che vengono concretamente in rilievo e, dall’altro, che (prima ancora che si ponga la necessità di ricorrere al sindacato accentrato di costituzionalità) non persuade neanche la modalità di calcolo delle distanze con il criterio del “compasso”, piuttosto che invece secondo il criterio della distanza stradale pedonale nel rispetto della segnaletica vigente (che, evidentemente, ridurrebbe in qualche misura l’area di interdizione legale);
Ritenuto, pertanto e conclusivamente, che – avuto prevalente riguardo al periculum in mora, e restando perciò allo stato sostanzialmente impregiudicata ogni definitiva valutazione in punto di fumus boni iuris, da riservare eminentemente alla cognizione del Collegio – difetta quantomeno una delle due condizioni (da ravvisare, appunto, soprattutto in un qualificato periculum in mora, oltreché nella non evidenza dell’insussistenza di ogni fumus boni iuris) cumulativamente richieste dalla legge affinché possa concedersi l’invocata misura cautelare monocratica”.