02 Set I NODI DEL PROIBIZIONISMO VENGONO AL PETTINE “Un altro corto circuito per la Questione Territoriale, questa volta in giurisprudenza ed in particolare per le limitazioni orarie. Valore cogente dei principi dell’Intesa della Conferenza Stato / Regioni e adeguatezza dell’istruttoria sono principi che non potevano essere ignorati oltre. Il Consiglio di Stato aggiunge un altro spunto centrale per la valutazione della Questione Territoriale recuperando principi cardine, condivisi e divulgati” Geronimo Cardia (Gioconews, settembre 2020)
Un altro corto circuito per la Questione Territoriale, questa volta in giurisprudenza ed in particolare per le limitazioni orarie. Valore cogente dei principi dell’Intesa della Conferenza Stato / Regioni e adeguatezza dell’istruttoria sono principi che non potevano essere ignorati oltre. Il Consiglio di Stato aggiunge un altro spunto centrale per la valutazione della Questione Territoriale recuperando principi cardine, condivisi e divulgati.
Tutti ricordiamo i due provvedimenti del Consiglio di Stato con i quali – in un contesto giurisprudenziale allora ancora non così deciso sulla materia ma reso da tanto tempo edotto delle specifiche criticità – è stato segnalato con grande chiarezza al Governo quanto non fossero praticabili le pianificate gare per l’assegnazione del parco concessioni del bingo e dei diritti scommesse senza vedere preventivamente risolti i problemi delle richiamate specifiche criticità della cosiddetta Questione Territoriale, segnatamente relative all’effetto espulsivo determinato dall’errore tecnico che affligge i distanziometri dei provvedimenti regionali e provinciali (cfr., in particolare, “Come può uno Stato – Il Consiglio di Stato chiede al Ministero dell’Economia come possano indirsi le gare di scommesse e bingo in presenza del permanere della “Questione Territoriale”, senza l’attuazione dell’Intesa e senza il necessario adeguamento da parte delle Regioni.” GC, Gioconews, giugno 2019).
Oggi lo stesso Consiglio di Stato – con la stessa portata sostanzialmente novativa, in un altro contesto giurisprudenziale a sua volta tanto ancora indeciso quanto però perfettamente informato delle relative specifiche criticità – ha segnalato con altrettanta chiarezza che un provvedimento limitativo di orari: (i) da un lato, non possa essere immune da una valutazione di conformità rispetto ai principi posti dall’Intesa raggiunta con la Conferenza in materia tra Stato e Regioni, avendo i medesimi valore cogente(sul valore cogente dei principi dell’Intesa cfr., in particolare, da ultimo, “La nota del Ministero dell’Interno sulla valenza cogente dell’Intesa si applica, oltre che alle limitazioni orarie eccessive anche ai distanziometri espulsivi o marginalizzanti.” GC, Gioconews, dicembre 2019, ma anche il più risalente “Cosa comporta l’intesa raggiunta tra Stato ed Enti locali sul riordino del gioco pubblico? Ecco i confini della “Questione Territoriale” ancora aperta, ma verso una soluzione”, GC, in Gioconews, ottobre 2017); e (ii) dall’altro, non possa essere privo di un serio e congruo sostegno motivazionale ed istruttorio (sulla necessità di un’istruttoria adeguata e circostanziata, cfr., in particolare, “Le misure limitative di orari non sono efficaci e ciò risulterebbe dimostrato se solo si facesse un’adeguata istruttoria.”, GC, in Gioconews gennaio 2019), richiamando quindi anche qui le specifiche criticità da tempo evidenziate, condivise e divulgate.
Perché si parla di corto circuito dunque? Perché anche in questo caso (come in tanti altri pure nel tempo richiamati) il provvedimento in parola di oggi è sostanzialmente coevo rispetto ad un altro, sempre del Consiglio di Stato, di segno opposto, su cui si tornerà prossimamente (cfr., sentenza del Consiglio di Stato del 26 giugno 2020 nel procedimento N. 04096/2020 Reg.Prov.Coll., N. 05072/2019 Reg.Ric).
Venendo al punto oggi di interesse, si tratta del provvedimento Numero 01418/2020 del 18 agosto 2020 adottato nell’adunanza di Sezione del 1 aprile 2020 nell’ambito di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, per l’annullamento dell’ordinanza sindacale n. 211 del 30 novembre 2018 del Comune di Monza avente ad oggetto “disciplina degli orari di esercizio delle sale giochi, delle sale VLT, delle sale scommesse, degli orari di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro”, nonché di ogni altro atto ivi compresa la deliberazione del Consiglio comunale n. 76 del 2 luglio 2018 n. 76 avente ad oggetto “approvazione regolamento per la prevenzione e il contrasto delle patologie e delle problematiche legate al gioco di azzardo lecito”.
A sostegno delle conclusioni anticipate in premessa, il provvedimento in esame richiama la conforme posizione assunta nel corso del procedimento dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nella relazione istruttoria versata in atti, nella quale si conclude per la conferma delle due storiche criticità chiedendo l’accoglimento del ricorso.
L’iter logico del provvedimento è chiaro: (i) un Comune può disciplinare gli orari in materia di gioco pubblico nell’ambito delle maglie e dei poteri conferiti con l’art. 50, comma 7 del Tuel; (ii) i principi in materia posti dall’Intesa Stato/Regioni hanno valore cogente nonostante non sia stato adottato il provvedimento ministeriale attuativo; (iii) l’istruttoria dell’ente deve essere adeguata.
Sul primo punto il provvedimento richiama la sentenza della Corte Costituzionale del 18 luglio 2014, n. 220 che “ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 50, comma 7, del d. lgs. n. 267 del 2000, sollevata con riferimento agli artt. 32 e 118 della Costituzione, nella parte in cui disciplina poteri normativi e provvedimentali attribuiti al sindaco, senza prevedere che tali poteri possano essere esercitati con finalità di contrasto del fenomeno del gioco di azzardo patologico”.
Sul secondo punto il provvedimento il Collegio: (i) ha osservato in sostanza che “nell’attuale cornice normativa, anche di rango costituzionale, non può darsi seguito all’orientamento giurisprudenziale che, con l’efficacia cogente, nega (…) rilievo all’Intesa (…) quale parametro per misurare la legittimità delle ordinanze sindacali limitative dell’orario di apertura delle sale gioco e di esercizio degli apparecchi di intrattenimento (…) sul mero presupposto del suo mancato recepimento con decreto (…)”; (ii) ha motivato argomentando che se è vero, come cristallizzato dalla Consulta (C. Cost. 25 novembre 2016, n. 251), che l’istituto dell’Intesa rappresenta lo strumento madre “che consente alle Regioni ed agli Enti locali di avere un ruolo nella determinazione del contenuto di taluni atti legislativi statali che incidono su materie di competenza regionale ed una delle sedi più qualificate per l’elaborazione di regole destinate ad integrare il parametro della leale collaborazione tra i diversi livelli di governo, centrale e locale”, è tuttavia anche vero che “le procedure di consultazione che conducono alle intese devono “prevedere meccanismi per il superamento delle divergenze, basati sulla reiterazione delle trattative o su specifici strumenti di mediazione” (cfr. C. Cost. n. 1 del 2016 e n. 121 del 2010) [nonché che], sebbene tale reiterazione al fine di raggiungere un esito consensuale, non comporta in alcun modo che lo Stato abdichi al suo ruolo di decisore, nell’ipotesi in cui le strategie concertative abbiano esito negativo e non conducano a un accordo (cfr. C. Cost. n. 7 del 2016, n. 179 del 2012, n. 165 del 2011)”; (iii) ha quindi concluso “con l’ulteriore corollario che, sebbene il suindicato procedimento non possa dirsi concluso finché non venga emanato il decreto di recepimento dell’intesa da parte del Ministro dell’economia e delle finanze, e pertanto a quest’ultima non possa essere attribuita sino a tale data efficacia cogente nel senso previsto dalla disposizione legislativa, è innegabile che l’intesa (…), mantenga la sua intrinseca natura di strumento consensuale con cui i diversi livelli di governo, nell’ottica della leale collaborazione istituzionale e per un più efficace perseguimento di interessi condivisi, si autovincolano per l’esercizio omogeneo e coordinato delle rispettive potestà normative ed amministrative concernenti una determinata materia”; (iii) ha chiarito che (a)“con l’Intesa (…), Governo, Regioni ed Enti locali, all’esito di un serrato e non breve confronto analiticamente descritto nel preambolo del documento (…), hanno, tra l’altro deciso, di rimettere agli Enti locali la facoltà di stabilire – per tipologie di gioco – delle fasce orarie di interruzione quotidiana del gioco stesso, fissando il limite massimo per l’esercizio di detta potestà di “6 ore complessive” e prevedendo, per una più ampia omogeneizzazione dei trattamenti disciplinatori sul territorio nazionale, che la distribuzione oraria delle fasce di interruzione vada definita d’intesa con l’Agenzia delle dogane e dei monopoli.”; (b) “il mancato recepimento dell’Intesa (…) non può togliere al citato atto quel suo valore intrinseco che gli deriva dall’essere strumento consensuale, riconosciuto in via generale dalla legge (art. 9, commi 1 e 2, lett. b) del d. lgs. n. 281 del 1997) e dalla giurisprudenza costituzionale, di raccordo di potestà allocate a diversi livello di governo e, nel contempo, di sintesi di interessi eterogeni per il migliore perseguimento di obiettivi istituzionali comuni: di ciò dimostra di essere pienamente consapevole il legislatore nazionale che, con disposizioni normative successive al suo perfezionamento, ha richiamato espressamente l’Intesa (…), sebbene non formalizzata, quale atto al quale le regioni devono conformare la propria legislazione settoriale (cfr. art. 1, comma 1049, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 – Legge di bilancio 2018)”; (c) “con specifico riferimento al contenuto dell’Intesa del 7 settembre 2017 relativo al limite orario massimo giornaliero di interruzione del gioco lecito, dette previsioni costituiscano parametri, condivisi dai vari livelli di governo rappresentati in Conferenza Unificata, di valutazione della adeguatezza e proporzionalità delle misure eventualmente adottate in materia con le ordinanze sindacali di cui all’art. 50, comma 7, del d. lgs. n. 267 del 2000 rispetto allo scopo di salvaguardare la salute dei cittadini ed, in particolare, dei minori a fronte del fenomeno del gioco d’azzardo patologico (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 giugno 2016, n. 2519)”; (d) “tale soluzione è l’unica coerente con la più volte evidenziata natura delle intese in Conferenza Unificata, di strumenti di raccordo e di sintesi di potestà normative ed amministrative, oltre che di interessi eterogenei di cui i vari enti rappresentati in Conferenza risultato portatori”; (e) “con specifico riferimento al limite orario massimo (…), anche dalla previsione che impone agli enti locali di acquisire l’intesa dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli(…), si evince che esso configura il punto di convergenza tra interessi contrapposti, come quello dell’Amministrazione finanziaria a garantirsi il gettito fiscale derivante dalle attività di gioco lecito, quello imprenditoriale degli operatori e concessionari al libero esercizio della relativa attività economica e quello, presente ai vari livello di governo, alla salvaguardia del diritto alla salute dei giocatori e di prevenzione del fenomeno delle ludopatie, intese come patologie che caratterizzano i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, così come definite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità” (sui profili sanitari sottesi alle politiche del territorio limitative del gioco pubblico, cfr., in particolare “Dopo aver analizzato lo strumento normativo del “distanziometro”, passiamo alla disciplina degli orari imposta da molti comuni all’esercizio delle slot, dal punto di vista della scienza e della giurisprudenza”, GC in Gioconews febbraio 2018, nonché “L’approccio tecnico scientifico per la valutazione della normativa territoriale in materia di gioco pubblico è un presupposto imprescindibile per un punto di vista informato” GC, Gioconews luglio/agosto 2019, nonché “Regolamentare in modo sostenibile, con sapienza ed efficacia. Contrasto al DGA: le distanze e gli orari imposti, così come le misure realmente efficaci vanno rispettivamente valutate ed individuate con l’imprescindibile approccio obiettivo, scientifico-sanitario.” GC Gioconews marzo 2020).
Sul terzo punto il Collegio infine: (i) ha rilevato che l’ordinanza comunale limitativa degli orari è stata emanata “senza motivare in ordine alle specifiche ragioni, anche territoriali, emergenti da una approfondita istruttoria procedimentale, che in concreto giustifichino, sul piano della adeguatezza e della proporzionalità, l’adozione di limitazioni orarie più restrittive rispetto a quelle fissate con l’Intesa (…)”; (ii) ha messo in luce la genericità di alcuni criteri limitativi propri del provvedimento comunale (come ad esempio “a) non avvio degli esercizi prima dell’inizio dell’orario scolastico giornaliero; b) termine delle attività di gioco entro un orario compatibile con le esigenze di tutela della quiete pubblica; c) sospensione delle attività di gioco nelle ore centrali in relazione all’uscita degli alunni degli istituti scolastici e al tempo libero delle fasce più fragili della cittadinanza”); (iii) riguardo ai dati proposti dall’Ente ha osservato che (a) “la non univocità del periodo di riferimento” osservato e riferito; (b) che “essi non sembrano riguardare in via esclusiva il territorio della città (…), bensì l’intero territorio della Provincia (…), giacché quest’ultimo rientra nella competenza della predetta Azienda socio sanitaria”; (c) “quanto ai dati dell’indagine GPS DPA del Dipartimento Politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, trattasi di indagine svolta sull’intero territorio nazionale e concernente un periodo (anni 2009 – 2015) antecedente alla Intesa (…)”; (c) “quanto, infine, ai dati del “Progetto Selfie”, trattasi (…) [di dati che], da un lato, riguardano soltanto minori di età (soggetti ai quali, come è noto, è interdetto per legge l’accesso al gioco d’azzardo lecito), dall’altro non attingono, con metodo scientifico, profili sanitari, e segnatamente la dipendenza patologica da gioco d’azzardo, bensì, ed in via esclusiva, il livello di conoscenza in capo ai minori del fenomeno del gioco d’azzardo”; (iii) ha concluso affermando che “pertanto, le suindicate risultanze istruttorie (…) sono palesemente insufficienti, sul piano dello scrutinio di adeguatezza e proporzionalità delle misure adottate, a supportare il regime restrittivo di limitazioni orarie (…), in deroga alla disciplina recepita nell’Intesa (…)”; (iv) nonché che “il Comune (…), pur nella consapevolezza che “è consentito quindi disciplinare gli orari di funzionamento degli apparecchi (…), in presenza di motivate esigenze di ordine sociale e pubblico che rendano necessario tale intervento” (…), è venuto meno allo specifico obbligo motivazionale e, prima ancora, a quello di espletare una approfondita istruttoria riferita al territorio comunale, in ordine alla sussistenza di quelle ragioni che, nell’ottica dell’Amministrazione comunale procedente, giustificavano la deroga al regime orario recepito nell’Intesa (…), e segnatamente al limite massimo di interruzione quotidiana del gioco lecito su cui si è registrata la convergenza di Governo, Regioni ed Enti locali” (sull’adeguatezza dell’istruttoria e sulla proporzionalità, oltre a quanto giù richiamato in premessa, cfr., inoltre “Fuori orario – le limitazioni di orari imposte dagli enti locali sono proporzionate? il consiglio di stato guarda alle ore di apertura assicurate agli operatori legali richiamando la corte costituzionale per la competenza dei comuni. mentre, pur non pronunciandosi sull’inidoneità della misura, sulla distinzione tra legale e illegale o sull’incompatibilità con i livelli di servizio, fornisce un interessante spunto per la valutazione della proporzionalità dei limiti imposti agli operatori legali”, GC in Gioconews settembre 2015, nonché “Per i giudici gli orari di chiusura non devono essere né sproporzionati né discriminatori.”, GC in Gioconews, ottobre 2016 nonché ”Anche per Torino non resta che aspettare la tutela giudiziale riguardo alle limitazioni di orario.”, GC, in Gioconews gennaio 2017 nonché “Gli orari previsti dall’ordinanza sindacale del capoluogo toscano non vanno bene per tutte le tipologie di giochi e per tutte le forme di distribuzione”, GC, in Gioconews, aprile 2017, ).
Ed è di tutta evidenza che tali principi vanno letti anche con riferimento all’altro pilastro edificato in sede di costruzione dell’Intesa: quello riferito ai distanziometri che non possono essere considerati legittimi se per il vizio tecnico che li caratterizza in concreto si rivelano in sostanza espulsivi della quasi totalità dell’offerta pubblica in violazione del principio di riduzione dell’offerta che prevede certamente una riduzione dell’offerta (già in larga parte realizzata tra l’altro) ma certamente non il suo sostanziale azzeramento.
In definitiva, la cosiddetta Questione Territoriale dei distanziometri e degli orari è destinata a trovare una soluzione anche attraverso quelli nel corso del tempo finiscono per essere visti come dei corto circuiti isolati ma che a ben vedere sembrano legati da un filo rosso di coerenza con l’affermazione lenta ma inesorabile di principi generali e sacrosanti dell’ordinamento giuridico nel suo complesso anche in un ambito regolatorio così specifico come quello del gioco pubblico in effetti molto giovane, ma allo stesso tempo sempre molto attenzionato per la molteplicità degli interessi costituzionali coinvolti.
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