13 Nov IL GIOCO ALL’OMBRA DELLA LANTERNA (GIOCONEWS NOVEMBRE 2014)
Il comparto legale del gioco e il Comune di Genova, ne parlano in tanti. Non sono regole troppo strette, sono regole che vietano radicalmente sia la pubblicità sia la presenza del gioco legale.
Mi segnalano un articolo su repubblica.it intitolato “I signori dell’azzardo si alleano contro Palazzo Tursi” in cui, nel dare la notizia che alcun operatori hanno insistito innanzi al Consiglio di Stato per far valutare, tra l’altro, l’illegittimità dell’effetto espulsivo del regolamento di Genova e della Legge Regione Liguria, emergono effettivamente alcuni spunti di riflessione.
A prescindere dalla terminologia utilizzata per apostrofare le aziende del settore, in barba ad una storia – anche internazionale – di legalità e serietà, si nota subito la stoccata solo apparentemente lessicale. Nell’articolo si legge, infatti, che gli operatori considererebbero le regole imposte dal Comune e dalla Regione “troppo restrittive”.
E qui occorre fare un’operazione verità.
Cominciamo dalla pubblicità. le regole imposte da Comune e Regione non è che sono troppo restrittive, esse pongono un divieto assoluto di fare pubblicità. L’articolo 9, comma 15, del Regolamento impugnato prevede che “E’ vietata qualsiasi attività pubblicitaria relativa all’apertura o all’esercizio di sale da gioco”. Ovviamente a livello nazionale la storia è diversa: il Decreto Balduzzi, al comma 4 dell’art. 7, non introduce un divieto assoluto di pubblicità, ma pone specifiche regole di divulgazione. E qui ci si potrebbe interrogare a lungo su come dovrebbe comportarsi l’emittente televisiva nazionale per eventuali divulgazioni di messaggi pubblicitari – perfettamente in linea con i precetti del Decreto Balduzzi – che però non possono fare ingresso nelle case di Genova per il Regolamento del Comune: dovrebbe inibire il segnale ai televisori ivi installati?
Passando poi ad altro argomento, ancor più rilevante, devo evidenziare che il punto, anche qui , non è che il distanziometro di Genova e della Liguria sia solo “troppo restrittivo”. Il punto è che il distanziometro di Genova e della Liguria pone un divieto assoluto su tutto il territorio di Genova: applicato alla lettera non lascia nessun angolo della città né ora né mai al di fuori del divieto.
Gli operatori legali si limitano a mettere in evidenza al Consiglio di Stato che a differenza di quanto dichiarato nei principi (“regolamentiamo il territorio” dunque con aree consentite ed aree interdette alla distribuzione del gioco legale) invece viene interdetta ogni area della città. La denunzia che si fa è che si tratta di un provvedimento fatto semplicemente male: dice di regolamentare la distribuzione, invece proibisce la distribuzione. La conseguenza di tale atto è quella, poi, di determinare l’impossibilità di sviluppare nuove iniziative, di espellere quelle esistenti che o al momento di rinnovare l’autorizzazione quinquennale o al momento di chiedere subentri di attività o spostamenti di apparecchi, necessariamente subiranno provvedimenti di diniego. E ciò in quanto non esiste alcuna realtà esistente che posa trovarsi in una zona autorizzata, posto che l’intero territorio è inibito e coperto dalle aree vietate.
Ebbene, a differenza di quanto indicato nell’articolo, gli operatori non sono preoccupati che alla fine del quinquennio di grazia dovranno “spostarsi” dalle aeree vietate: gli operatori sanno già che dovranno fare armi e bagagli e andar via da Genova perché non sarà loro possibile trovare alcun punto in cui insediarsi perché l’intero territorio di Genova risulterà, come risulta sin d’ora interdetto dal distanziometro.
Prima o poi il divieto assoluto è in grado di colpire tutto il comparto legale esistente e futuro. I limiti incidono: (i) sulle sale pubbliche da gioco già esistenti, giacché, ai sensi dell’art. 10 comma 1 del Regolamento, “le autorizzazioni di cui all’art. 86 e 88 del TULPS, (…) sono concesse per cinque anni” salvo rinnovo, il cui rilascio rischia di scontare la valutazione del rispetto dei suddetti limiti; (ii) sulle sale da gioco pubbliche che in futuro dovessero ritenere di aprire, giacché, ai sensi dell’art. 8 comma 1 del Regolamento, l’apertura è subordinata “all’ottenimento dell’autorizzazione comunale, ai sensi dell’art. 86 del TULPS e della L.R. 17/2012”, il cui rilascio sarà subordinato al rispetto dei suddetti limiti; (iii) sulle AWP esistenti giacché l’art. 21 del Regolamento prevede, al comma 4, che “in caso di sostituzione di un apparecchio (…) si deve inviare una comunicazione indirizzata al SUAP” ed al comma 5 che “in caso di variazione del numero o della tipologia di uno o più apparecchi (…) si deve procedere alla presentazione di una nuova istanza” il cui esito favorevole rischia di scontare la valutazione del rispetto dei suddetti limiti; (iv) sulle AWP da installare in futuro giacché, ai sensi dell’art. 19 comma 3 del Regolamento, “relativamente agli apparecchi e congegni automatici di gioco, semiautomatici ed elettronici di cui al comma precedente [quelli previsti dall’art. 110 comma 6 lettera a)] è necessaria l’autorizzazione prevista dall’art. 86 TULPS secondo le modalità previste dall’art. 1 comma secondo della L.R. 30.04.2012 n. 17”, il cui rilascio sconterà la valutazione del rispetto dei suddetti limiti.
Inevitabilmente la conseguenza di questo fatto è che sul territorio, in assenza di offerta di gioco legale, siano tante e diverse le forme di offerta illegale pronte a soddisfare una domanda di gioco sempre comunque presente.
E qui subentra la valutazione di un altro aspetto che emerge nell’articolo richiamato: quello secondo cui le misure impugnate sarebbero state adottate da Comune e Regione Liguria per il bene dei cittadini.
La domanda da porsi è però la seguente: un provvedimento come quello di Genova e della Regione Liguria che espelle il gioco legale e apre le porte a quello illegale fa bene ai cittadini? Bisogna dirsi una volta per tutte ed in tutta franchezza che un conto è consentire al giocatore / utente di giocare in luoghi legali, con strumenti legali, con giochi legali, con vincite controllate e limitate, con criteri di funzionamento valutati e omologati dallo Stato, un altro conto è lasciare il giocatore / utente in balia di bische clandestine o giochi senza controllo che, inutile ormai nascondersi, tappezzano il territorio.
Devo poi aggiungere che ogni volta che prendo in esame un provvedimento restrittivo della distribuzione spaziale, ogni volta che mi confronto con un distanziometro nuovo, e mi soffermo, poi, sulla motivazione di impulso (quasi sempre) della tutela della salute, mi aggredisce un interrogativo, oggi ancora irrisolto, sull’effettiva idoneità della misura adottata: ma il distanziometro da luoghi ritenuti sensibili è un criterio che risolve il problema della ludopatia? In verità ricorda molto il criterio adottato per installare in modo sano le antenne dei telefonini (ambito che però con l’argomento gioco legale non ha nulla a che vedere).
Io francamente da sempre nutro delle perplessità: perché non riesco a capire come si possa sconfiggere il diabete mettendo le pasticcerie fuori città, senza peraltro considerare che le strade sarebbero invase da bancarelle abusive di dolci e dolcetti preparati chissà come e dove. Ma questa è un’altra storia, anche se credo possa prima o poi diventare improvvisamente di moda.