ECCO PERCHé VA RIAPERTO IL COMPARTO DEL GIOCO. LA RIAPERTURA DEL COMPARTO DEL GIOCO PUBBLICO IN PIENA SICUREZZA PER NON PERDERE I PRESIDI DI LEGALITÀ, I PRODOTTI MISURATI DELLO STATO, IL GETTITO ERARIALE, LE IMPRESE E I LAVORATORI COSTRUITI NEGLI ANNI. GERONIMO CARDIA (PRESSGIOCHI MARZO 2021)

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La riapertura del comparto del gioco pubblico in piena sicurezza per non perdere i presidi di legalità, i prodotti misurati dello stato, il gettito erariale, le imprese e i lavoratori costruiti negli anni.

Il comparto del gioco pubblico è in grande sofferenza.

Se le cose non cambiano, a marzo saranno 9 su 12 i mesi in cui le misure governative ne hanno decretato la completa chiusura.  Un lokdown che toglie il fiato alle imprese, ai lavoratori ed a tutto l’indotto sia per la sua natura totalizzante (non sono previste gradazioni né orarie né territoriali, non sono previste parametrizzazioni in base agli ormai famosi colori regionali), sia per il suo lungo protrarsi (il comparto l’anno scorso è stato il primo a essere chiuso a marzo, l’ultimo a riaprire a luglio, il primo ad essere chiuso a fine anno), sia per l’indeterminatezza che caratterizza l’orizzonte della riapertura (da sempre manca un criterio tecnico guida invece affidato a tanti altri comparti).

Il comparto del gioco pubblico, in un regime normale di funzionamento, rappresenta un formidabile strumento di immissione, mantenimento e controllo di legalità sui territori, grazie alla sua presenza capillare ed alla responsabilizzazione che il legislatore ha saputo affidargli negli anni.

Con le reti telematiche allestite e tenute dal sistema concessorio, sotto l’attenta vigilanza dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e con il coinvolgimento di Istituzioni come ad esempio quella dell’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia, il comparto del gioco pubblico è in grado di assicurare:

  • il controllo antiriciclaggio, non solo sugli operatori coinvolti ma anche ed in particolare sulle attività di gioco ad esempio delle video lotterie, delle scommesse e del bingo, con regole imposte al sistema concessorio dal D.Lgs 231\ 2007, analogamente a quanto previsto per il sistema bancario, con tanto di decalogo specifico UIF – Banca d’Italia, che ha prodotto segnalazioni di operazioni sospette utili per il sistema investigativo del Paese;
  • la tracciabilità dei flussi finanziari in entrata ed in uscita (dalla quantificazione delle somme immesse dagli utenti con le giocate, ai dettagli delle spese sostenute anche dalla filiera), in considerazione degli adempimenti imposti al sistema concessorio dalla L. 136/2010, dal DL 98/2011 e dal DL 16/2012, in materia di tracciabilità dei flussi finanziari, analogamente a quanto previsto in capo ai soggetti che operano nel contesto degli appalti pubblici;
  • il controllo, nel comparto delle scommesse, utile al contrasto del c.d. match fixing, ovvero la manipolazione dei risultati degli eventi sportivi da parte dei partecipanti, che – nelle scommesse regolamentate, registrate istantaneamente sui sistemi centrali dell’Agenzia Dogane e Monopoli – emerge tramite il monitoraggio in tempo reale dei flussi di scommesse accettate nei punti vendita e nel gioco online;
  • il controllo di ciò che accade all’interno dei locali specializzati con il patrimonio informativo disponibile per le autorità investigative relativo ai dati ed alle informazioni raccolti dagli obbligatori impianti di videosorveglianza obbligatori;
  • la mappatura completa di tutti gli operatori impegnati sul campo, nei punti generalisti e specializzati, con il sistema di autorizzazione territoriale (che si aggiunge a quello amministrativo concessorio), che fornisce evidenza a Comuni e Questure delle aperture dei punti e dei relativi operatori nonché, per gli ambienti specializzati, delle informazioni per la verifica della cosiddetta sorvegliabilità dei locali;
  • le anagrafiche complete degli operatori autorizzati con l’elenco RIES, operativo da tanti anni che, a breve, confluirà del Registro Unico degli Operatori di gioco (DL 129\2019);
  • la presenza sul territorio di operatori che sono qualificati dall’ordinamento giuridico incaricati di pubblico servizio, con sostanzialmente le responsabilità dei pubblici ufficiali;
  • il controllo contabile da parte della Corte dei Conti con la redazione e presentazione del cosiddetto “conto giudiziale” dei concessionari qualificati come “agenti contabili” al pari degli agenti della riscossione per la verifica di tutte le somme riscosse dalle attività di gioco (Cass. SU 14697/2019) qualificate dal legislatore “risorse statali” (L. 190/2014).

E così via dicendo.  Dunque, tenere chiuso il comparto significa anche tenere fermo tutto questo, lasciando in balia dell’illegale la soddisfazione di una domanda di gioco che comunque esiste.

Sotto il profilo di tutela del consumatore, il comparto del gioco pubblico in regime normale di funzionamento rappresenta, altresì, la garanzia di messa a terra di prodotti di Stato, misurati e controllati dallo Stato per soddisfare una domanda di gioco che comunque esiste.   Di prodotti che non solo rispettano la fede pubblica e che dunque non tradiscono la fiducia degli utenti ma che allo stesso tempo presentano i parametri misurati, calibrati e valutati dallo Stato attraverso gli enti certificatori, rientranti nelle soglie, pure indicate dallo Stato.   Il contrasto al disturbo da gioco d’azzardo si effettua anche così, senza però dimenticare che esiste anche un intero sistema di protezione, un sistema con un’adeguata prevenzione in cui il comparto è attivo (si pensi tra l’altro alla messa a disposizione di tutta la messaggistica di avvertenze prevista dallo Stato), con un processo di qualificazione dell’offerta in cui il comparto è ancora una volta attivo (si pensi alla formazione ed ai prodotti), ma anche della domanda con un’adeguata messaggistica in cui il comparto è attivo, senza tralasciare la cura, in cui il comparto è ancora una volta attivo per il sistema anch’esso perfettibile di impiego di risorse nelle forze impegnate nelle cure.

Dunque, tenere chiuso il comparto significa anche tenere fermo tutto questo, significa rinunciare ad un presidio di fede pubblica e di tutela dell’utente, della sua salute e del suo risparmio, posto che la domanda di gioco comunque esiste.

Sotto il profilo del gettito erariale, è sotto gli occhi di tutti poi che il comparto, in regime normale di funzionamento, genera 11 miliardi di Euro di gettito erariale che va ricordato sempre quando se ne parla è un gettito da emersione ossia relativo ad un’attività che comunque esisterebbe, nel giustamente tanto bistrattato sommerso.

E se il comparto resta chiuso semplicemente il gettito erariale riveniente dal gioco pubblico non c’è e le politiche economiche dei vari Governi, che negli anni hanno trovato e trovano copertura col gettito del gioco, semplicemente rimangono senza copertura e semplicemente comportano l’aumento di altre imposte se non il ricorso ad ancor più debito di quanto non se ne faccia già ora.

Sotto il profilo economico sociale, il comparto del gioco pubblico, come risulta da studi condotti e presentati in un regime di normale funzionamento ante-pandemico, ha numeri importanti per l’economia del Paese, impattando positivamente su lavoratori ed imprese:  1% Pil, 14 miliardi di valore aggiunto creato, 2 miliardi di valore di consumo indotto, 11 miliardi di contributo fiscale diretto, 5 miliardi di effetti economici indiretti, 78,5 mila occupati diretti e indiretto fte (che molti indicano giustamente in 150.000), oltre 300 concessionari, 70/80.000 punti sui territori di cui 10.000 specializzati, 3.200 imprese di gestione (fonte tra l’altro Primo Rapporto sul Gioco Pubblico di Acadi del 28 novembre 2019).

E se il comparto rimane chiuso è chiaro che questi numeri non ci sono più, le aziende non reggono ed il lavoro viene perso.

Qualcuno potrebbe ancora richiamare in soccorso i ristori.   Ma le misure di sostegno al momento riconosciute alla liquidità delle imprese del comparto, al netto del riconoscimento della possibilità di ricorrere alla cassa integrazione, risultano chiaramente parziali e oggettivamente inadeguate: si devono inseguire i rinvii dei versamenti di imposte e contributi, il ristoro una tantum, se arriverà, non raggiungerà già denuncia qualcuno neanche il 5% dei costi di un intero anno nei casi migliori, a fronte di perdite di ricavi per oltre il 50%.   Senza contare che, ormai esaurite le finestre dei provvedimenti emergenziali di fine anno, la gran parte delle richieste formulate è rimasta senza alcuna formalizzazione nonostante la chiara presa di posizione pure avanzata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, come ad esempio le proroghe delle concessioni, essendo le gare inattuabili per la nota questione territoriale dei provvedimenti regionali di fatto totalmente interdittivi, o la sterilizzazione degli effetti collaterali non voluti della tessera sanitaria, ovvero ancora la non debenza dei canoni extra delle concessioni in proroga nei periodi di chiusura, ovvero ancora della rimodulazione del mal strutturato nuovo prelievo imposto in piena pandemia del cosiddetto salva sport.  Ma non è tutto, piove sul bagnato ricordiamoci che di questi giorni dobbiamo anche fare i conti con l’entrata in vigore, non sterilizzata, dell’aumento di tassazione imposto al comparto nell’ultima legge di bilancio ante pandemia approvata a dicembre 2019.

E, chiarito che quindi il comparto del gioco pubblico non solo si ispira ai valori della legalità, della responsabilità, della crescita e dell’occupazione, ma a sua volta contribuisce a rafforzare i medesimi con la sua presenza con la sua azione, il comparto anche oggi mette avanti a tutto la tutela della salute.

Per questo il comparto chiede di operare – come previsto dal DL 33 del 2020 – secondo i severi protocolli di sicurezza di prevenzione dei rischi basati, oltre che sulle caratteristiche strutturali della distribuzione del prodotto di gioco, sulla riduzione del numero degli utenti negli spazi adibiti al gioco, sul loro distanziamento e sulla costante sanificazione.   Si tratta di protocolli già esaminati dal Comitato Tecnico Scientifico presso la Protezione Civile, condivisi con i sindacati dei lavoratori nella loro stesura e recentemente rivisti e resi più stringenti alla luce della prima applicazione, a tutela dei consumatori e dei lavoratori stessi.

Sono fondamentali non solo la riapertura ma anche e soprattutto la programmazione delle attività con la definizione di un orizzonte tecnico/parametrico/temporale che tenga conto del presidio massimo di sicurezza assicurato dai protocolli, da un lato, e faccia perno sui diversamente colorati livelli di rischio regionali registrati tempo per tempo, dall’altro.

Bisogna avere la forza di escludere ogni valutazione ideologica che possa interferire von le valutazioni tecnico scientifiche.

Occorre respingere ogni discriminazione che abbia alla base la valutazione dell’essenzialità del prodotto, prima di tutto perché in realtà la funzione della presenza del comparto del gioco pubblico va ben oltre la mera messa a disposizione di un prodotto ma rappresenta un presidio dai molteplici risvolti sopra solo velocemente richiamati.  E poi perché a ben vedere di servizi e prodotti e non essenziali disponibili, accessibili e non in lockdown è pieno.     Ma soprattutto perché quel che è essenziale, sempre in piena sicurezza, è salvaguardare i posti di lavoro.

Il mese di gennaio e di febbraio sono i mesi in cui anche le lavoratrici, i lavoratori e le aziende dei territori sono scesi in piazza, hanno richiamato l’attenzione della politica e dei mass media per mettere sotto gli occhi di tutti l’insostenibilità della condizione ed i rischi del suo perdurare.

Adesso è il momento della verità.   Bisogna uscire dalla dinamica di combattere il virus con i lockdown radicali.     E’ impensabile ritenere di rimanere chiusi in attesa che il virsu scompaia. Con il virus bisogna convivere e nel modo giusto, ossia in sicurezza piena.   E tale ragionamento è stato già fatto per tanti comparti che oggi possono stare aperti, gradatamente, ma sono aperti, in presenza di determinati parametri/colori di diffusione sui territori, ma sono aperti, in presenza di limitazioni orarie o di funzionamento, ma sono aperti.

Ebbene, dalle Istituzioni il comparto chiede ora la riapertura con i protocolli di sicurezza validati e di essere inserito nei parametri dell’orizzonte tecnico/temporale di aperura, per accedere ad un minimo di programmazione, confinando il perdurare dell’ormai letale stato di incertezza.

E giustamente lo fa unendosi al coro di altri comparti, altrettanto penalizzati.

Geronimo Cardia



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