Due falsi miti sui distanziometri espulsivi. Non tutelano le fasce deboli e non sono in linea con le aspettative del legislatore nazionale. GERONIMO CARDIA (Non per lo Stato e neppure per il giocatore. GIOCONEWS – giugno 2023)

In questo articolo prendo in considerazione due falsi miti che riguardano i distanziometri espulsivi delle norme Regionali e Provinciali. Spesso si legge che lo strumento possa ritenersi a tutela delle fasce deboli e che lo strumento sia in linea con le aspettative del legislatore nazionale. In realtà le cose non stanno esattamente così.

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Premessa
Anche se le tematiche sono riferibili a tutte le realtà a prescindere dal territorio specifico di riferimento, il contesto di partenza per questi approfondimenti è quello del distanziometro di Trento in merito al quale sono pendenti al Consiglio di Stato le discussioni dei ricorsi di operatori per i quali si sono registrati decreti presidenziali che hanno accolto sia pure provvisoriamente l’istanza della misura cautelare di sospensione dei provvedimenti di chiusura (cfr., in particolare, Decreti Presidenziali n. 1703/2033, Reg. 3765/2023 e n. 1914/2023, Reg. 4099/2023). Ricordiamo al riguardo che la sostanziale totalità delle filiere della verticale distributiva degli apparecchi su quei territori avrebbe dovuto chiudere i battenti l’anno scorso se non vi fossero state ordinanze cautelari nel frattempo intervenute relativamente a giudizi che sono ancora in corso.

Un distanziometro espulsivo non è uno strumento a tutela delle fasce deboli.
Nella sentenza del Tar impugnata si legge che “risulta ormai consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il metodo del distanziometro “rappresenta, a tutt’oggi uno degli strumenti cui è affidata la tutela di fasce della popolazione particolarmente esposte al rischio di dipendenza da gioco” citando al riguardo pronunce che in realtà, pur affermando che a tale strumento è “affidata” la tutela della salute, non hanno in alcun modo dichiarato né tantomeno dimostrato che lo stesso sia in concreto efficace.
Peraltro, nell’ormai concluso giudizio innanzi al Consiglio di Stato che ha riguardato il distanziometro della Provincia di Bolzano, che si è concluso sì con il rigetto dei ricorsi dei ricorrenti (e dei relativi ricorsi per revocazione), vi è traccia di un passaggio importante della Consulenza Tecnica d’Ufficio secondo cui la misura del distanziometro può rivelarsi contro lo scopo per il quale viene concepito dalla norma.
Inoltre, è ampia la letteratura scientifica che dimostra come un distanziometro sostanzialmente espulsivo perché viziato da evidente errore tecnico, non dissuade né cura l’utente, da un lato, e addirittura lo penalizza, dall’altro. Si rendono quindi necessarie nuove e diverse strategie preventive, supportate da studi scientifici che ne valutino l’adeguatezza, per poter arrivare ad un’offerta pubblica di gioco moderata, sana e capillare, unita ad una forte azione di prevenzione per tutti gli utenti ed un’efficace azione per quelli problematici e patologici.
Ed infatti un distanziometro espulsivo, da un lato, incentiva il desiderio degli utenti problematici e patologici di dare sfogo alle proprie dipendenze ai margini della società alimentando la compulsività e, dall’altro, infittisce l’offerta di gioco alla vista degli utenti razionali delle periferie (notoriamente ad alta densità abitativa) in cui il gioco pubblico finisce per essere ghettizzato.
E poi è di tutta evidenza che l’asserita sensibilità dei luoghi da cui le norme territoriali impongono di tenere lontano l’insediamento dei punti di gioco risulti spesso tutta da dimostrare. Ci si chiede infatti come, perché e sulla base di quali studi scientifici ad esempio possa ritenersi frequentato da una fascia debole di utenti giocatori un luogo di culto o un ospedale.
Senza contare che le fasce deboli in ogni caso sono rappresentate da persone che, ancor prima di gravitare presso i luoghi di rispettiva asserita aggregazione che si intendono proteggere, vivono presso le rispettive abitazioni dislocate indistintamente sui territori.
Per alcuni, poi, il tutto assume connotati ancor più chiari se si riflette sul fatto che i distanziometri sono concepiti per arginare non ogni tipo di offerta di gioco, ma solo per quella pubblica, e di questa solo quella che viene rivolta ai territori ed ancora di questa solo quella che riguarda alcune tipologie di attività.
Per tali ragioni un distanziometro da luoghi sensibili è evidente non riesca a dare quella prospettiva di successo di risultati attesi dal provvedimento normativo stesso che lo ha individuato.
Peraltro, a distanza ormai di oltre dieci anni dell’emanazione di norme che prevedono distanziometri espulsivi e di loro (disordinate) applicazioni sui territori, a consuntivo, dunque, il tema del contrasto al disturbo da gioco d’azzardo risulta ancora caldo e soprattutto ancora irrisolto. Tema che vede tutti d’accordo nel ricercare strumenti di prevenzione e contrasto diversi.

Non è in linea con le aspettative del legislatore nazionale
In un altro passaggio della sentenza impugnata si legge che il distanziometro “in quanto sostenuto da una ratio legis diretta alla protezione di categorie deboli e alla prevenzione di possibili dipendenze patologiche da gioco, è pertanto in linea con le preoccupazioni manifestate anche dal legislatore nazionale”
Sul punto è necessario evidenziare che al contrario di quanto richiamato il legislatore nazionale non ha mai avallato misure interdittive come quelle imposte dai distanziometri sostanzialmente espulsivi. Al riguardo si richiamano le seguenti circostanze.
Va ricordata anzitutto l’Intesa della Conferenza Unificata del 2017 voluta proprio dal legislatore nazionale, laddove viene indicato espressamente che debba essere garantita una presenza capillare dei punti vendita sul territorio nazionale, indicando a Regioni ed Enti Locali di adottare criteri che “consentano un’ equilibrata distribuzione nel territorio allo scopo di evitare il formarsi di ampie arre nelle quali l’offerta di gioco pubblico sia o totalmente assente o eccessivamente concentrata”. Ed è evidente che il combinato disposto, da un lato, del concetto di “un’equilibrata distribuzione” e, dall’altro, dell’indicazione dello scopo di evitare concentrazioni eccessive o totali interdizioni, consente di considerare illegittima ogni forma di marginalizzazione o ghettizzazione quale quelle determinate dai distanziometri espulsivi.
Vi è poi la Legge di stabilità per il 2018, all’art. 1 comma 1049, che prevede che “le regioni adeguano le proprie leggi in materia di dislocazione dei punti vendita del gioco pubblico all’intesa sancita in sede di Conferenza unificata in data 7 settembre 2017”. Con questa disposizione il legislatore nazionale aveva dimostrato sostanzialmente la stessa intenzione che si legge oggi con la delega fiscale laddove viene chiesto agli enti del territorio di seguire il principio di equilibrata distribuzione concepito dall’Intesa.
Nel tempo si è anche registrata la presa di posizione del Sottosegretario del MEF (al tempo con delega ai giochi), Federico Freni, il quale ha espressamente dichiarato che, nelle more del riordino, le Regioni e le Province Autonome si astengano dall’emanare nuove norme restrittive in materia “senza rischiare di dover giocare in modo diverso a distanza di pochi chilometri tra un Comune e l’altro”, segnalando proprio che “la possibilità per gli enti locali di legiferare in materia di gioco pubblico (…) ha tuttavia originato il diffondersi, sul territorio nazionale, di discipline e regole tra loro molto diversificate” evidenziando come “questo sistema di regolamentazione disomogeneo impatta, con gravi conseguenze, su un’intera realtà industriale con tutte le risorse occupazionali che negli anni sono state coinvolte” esortando tutte le realtà regionali/provinciali interessate, nelle more del suddetto imminente riordino del settore, ad una “una prudente attesa, diretta a salvaguardare – in uno – i livelli occupazionali, la continuità del settore e le entrate erariali”.
Da ultimo, nel richiamato documento delega fiscale al vaglio del Parlamento come ormai noto vi è l’articolo 13 che è dedicato espressamente al riordino del gioco pubblico che ha al primo punto la soluzione al problema dei distanziometri espulsivi di Regioni e Provincie che impediscono la realizzazione delle gare per l’assegnazione delle concessioni come peraltro giustamente rilevato dal Consiglio di Stato al Mef nei due pareri ormai risalenti al 2019 (Cfr., in particolare, Consiglio di Stato, pareri interlocutori nn. 1057/2019 e 1068/2019).

Conclusioni
Il tema della protezione della salute degli utenti è al centro degli obiettivi dell’esistenza dell’offerta pubblica di gioco. Occorre però che l’obiettivo sia perseguito in concreto ed in modo adeguato. Peraltro, risolta la questione territoriale non dovrà poi ricadersi di nuovo nel medesimo problema mal interpretando in sede di attuazione della delega i termini pure indicati nella legge in discussione di “razionalizzazione”, “concentrazione” e “specializzazione” dell’offerta sui territori. Ma questo è un altro tema, centrale e di attualità che viene trattato proprio in questi giorni.

Geronimo Cardia



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