Dichiarazioni di Geronimo Cardia su La Repubblica del 20 gennaio 2021 “Le attività chiuse da tempo dall’emergenza sanitaria lanciano un grido d’allarme. Quasi tre mesi di chiusura per i settori del gioco, sport, spettacolo e turismo.”

Cliccando qui puoi scaricare il PDF del documento

 

Le attività chiuse da tempo dall’emergenza sanitaria lanciano un grido d’allarme. Quasi tre mesi di chiusura per i settori del gioco, sport, spettacolo e turismo

La Repubblica 20 gennaio 2021

Ristori adeguati e date di riapertura sono le richieste delle associazioni dei settori dello sport, spettacolo, turismo e gioco

Associazioni del gioco pubblico, ma anche del mondo dello sport e delle palestre, del turismo e della ristorazione, dello spettacolo e del cinema, per la prima volta riunite per affrontare le problematiche dei rispettivi settori, chiusi da mesi a causa della pandemia in quanto attività ritenute dal Governo non essenziali. Ma è proprio sul riconoscimento della propria essenzialità, in quanto comparti che tengono in piedi centinaia di migliaia di imprese e danno lavoro a milioni di persone, che si è focalizzato il dibattito coordinato dal direttore di Agimeg Fabio Felici. Tutte le associazioni hanno convenuto sulla necessità di riaprire quanto prima, in quanto le proprie imprese hanno adottato ogni protocollo necessario per evitare il contagio da coronavirus, oltre a non esserci evidenze scientifiche su focolai di Covid scoppiati in palestre, sale scommesse, bingo o agenzie di viaggi.

Una crisi che coinvolge sono alcune categorie

“I colleghi delle palestre, del turismo, dello spettacolo hanno tutta la mia solidarietà. Anche loro sono stati colpiti dal concetto di non essenzialità. Abbiamo fatto investimenti per rispettare i protocolli e mettere in sicurezza le nostre aziende, ma non ci fanno aprire ugualmente”. Lo ha detto Massimiliano Pucci, presidente di As.tro, “La nota dolente è rappresentata dai ristori. Uno studio della CGIA di Mestre ha dimostrato come a fronte di 29 miliardi di euro di ristori si sono persi 423 miliardi di fatturato, dunque i ristori coprono appena il 7% delle perdite. Il nostro settore dal 1° gennaio ha dovuto sostenere versamenti Iva, imposte sui bolli, spese per i contributi previdenziali dei dipendenti, contabilità ordinaria e pagamenti delle imposte su prodotti che non utilizziamo. Se le chiusure si protrarranno sine die, servono ristori seri. L’Istat ha reso noto che ci sono 298 mila aziende a rischio sopravvivenza nei prossimi 90 giorni. Speriamo di riaprire il prima possibile, abbiamo tutti le stesse problematiche”. Pucci si è poi soffermato sul concetto di non essenzialità. “Questo concetto di essere aziende non essenziali non ci consente di andare in banca per pagare il mutuo. Essenziale è lavorare. Questa crisi ha un elemento tipico, ovvero lo scontro tra lavoratori garantiti e non garantiti.

Tutto il lavoro è essenziale

“L’idea di un protocollo unico da sottoscrivere con le altre categorie colpite dal lockdown è un’occasione importante, che non va perduta e lasciata fine a se stessa. Il comparto del gioco pubblico conta 150 mila lavoratori ed oltre 70 mila aziende su tutto il territorio nazionale. Ricordo che a febbraio 2021 saremo stati chiusi 10 mesi su 12, con perdite economiche insostenibili. E’ una notizia che i quattro comparti chiedano insieme la riapertura. Il punto fondamentale è che si deve riaprire in sicurezza per forza, i ristori sono pochi ed insufficienti”. Lo ha detto Geronimo Cardia, Presidente Acadi, “Se ci sono rischi di prolungamento dell’emergenza si deve puntare tutto sulla sicurezza in una realtà aperta e non pensando di compensare le conseguenze di una chiusura senza fine, non è pensabile.  I ristori sono insufficienti e non coprono tutti i periodi di chiusura, occorre che siano ampliati ed estesi, quanto dato nei mesi precedenti deve essere prolungato e agganciato alla durata delle chiusure. Mettiamo insieme gli sforzi per la riapertura, dobbiamo invocare il diritto di riaprire e non essere discriminati, l’aspetto tecnico va messo davanti a quello politico. Dobbiamo lavorare per questo – afferma Cardia – si parli di ragioni tecniche: non abbiamo avuto un focolaio, facciamo sacrifici enormi per dotare le strutture con strumenti anticovid. Stare insieme è quanto mai importante, rappresentiamo comparti ingiustamente chiusi e sofferenti. Altro tema è l’essenzialità, ci sono attività aperte con un criterio che non è necessariamente di essenzialità di prodotto. Non si possono dare giudizi morali e valutazioni di essenzialità ai servizi offerti. Tra l’altro non dimentichiamo che noi siamo incaricati di pubblico servizio. Non può essere accettata discriminazione di trattamento rispetto ad altri comparti. I comparti del gioco, del turismo, delle palestre e dello spettacolo sono settori che hanno grande rilevanza nel sistema Paese. Tutti questi comparti hanno protocolli di sicurezza, pur con le specificità di ognuno. Per riaprire dunque non deve essere giudicato se è essenziale il servizio offerto ma che è essenziale tenere in sicurezza utenti e lavoratori. Ad esempio non conta sciare, conta mettere in protezione utenti e lavoratori del comparto, per questo si prevede una riapertura a breve degli impianti di risalita. Da quanto si legge è impensabile che il virus con tutte le sue varianti sparisca in breve termine: la strategia deve essere oggi la riapertura in piena sicurezza e la convivenza in piena sicurezza con il problema. Giudico positivamente il fatto che questi concetti possano essere veicolati e sostenuti da 4 comparti così importanti come quello del gioco pubblico, del turismo e ristorazione, delle attività sportive e dello spettacolo”.

Fondamentali ristori adeguati

“Chi valuta cosa è l’essenzialità? Tutti i comparti sono essenziali per le aziende e le persone che ci lavorano, e nel caso del comparto del gioco pubblico, della ristorazione, del turismo e delle palestre sono milioni di persone. Forse si potevano accettare le chiusure nella fase iniziale della pandemia, a marzo, ma ora non è un sistema non più sostenibile, le nostre aziende muoiono”. E’ l’allarme lanciato da Paquale Chiacchio, presidente di GiocareItalia, “Tutti noi siamo imprenditori che lavorano in prima linea, ma ciò che stiamo subendo non è più tollerabile. Come si può fare a meno del turismo, della ristorazione, delle palestre, dei cinema? Siamo chiusi da mesi e quindi dovremmo avere almeno dei ristori congrui, sospendendoci affitti e bollette che stiamo continuando a pagare. Con le attività chiuse imposte dai DPCM dobbiamo sopportare tutti questi costi, il tutto con produttività pari a zero”.

Documento condiviso per riaperture

“La nostra associazione rappresenta i lavoratori generici del mondo dello spettacolo, una delle più vecchie associazioni del cinema nata nel 1993. Da marzo a settembre c’è stata una chiusura totale del cinema, il che ha portato a grandissimi disagi per i lavoratori del settore, senza contare che durante la pandemia il Mibaact ha portato la tax credit al 40%. Purtroppo oggi il cinema è in mano a personaggi poco trasparenti, che io chiamo prenditori e non imprenditori. Questo è un problema grosso che dobbiamo risolvere”. Lo ha detto Angelo Ciaiola, presidente di Agi Spettacolo, l’associazione dei lavoratori e professionisti dello spettacolo. “In media ogni film richiede un centinaio di persone, tra troupe e attori generici, per un settore che conta 250 mila lavoratori, ma del comparto non interessa niente a nessuno. Tra l’altro Inps ed Enpals non fanno controlli, oggi subiamo anche la concorrenza di molte persone che hanno perso il lavoro e si sono rivolte al mondo dello spettacolo per guadagnare qualcosa”. Per Ciaiola un “documento condiviso da presentare al Governo per evidenziare le nostre problematiche è essenziale per tutti noi, in quanto avremmo più forza e visibilità se ci uniamo insieme”.

Costi di gestione delle attività chiuse, insostenibili

“Il nostro mondo rappresenta circa 100 mila strutture e più di 1 milione di lavoratori. Il settore è praticamente in crisi da un anno, due soli mesi di riapertura non hanno contribuito a ridare alcun sostentamento economico. Quello delle palestre è un settore distrutto da una gestione che non adotta riscontri scientifici per stabilire le chiusure. Ci siamo fatti carico di innumerevoli costi di gestione per metterci a norma, abbiamo avuto controlli da parte dei Nas, ma una settimana dopo i controlli siamo stati nuovamente chiusi. Vorremmo solamente capire i motivi che ci tengono ancora chiusi”. E’ quanto ha dichiarato Giampiero Guglielmi, Presidente nazionale di ANPALS, Associazione nazionale palestre.  “Siamo chiusi ma paghiamo costi fissi, come gli affitti dei locali. Ritengo i ristori inadeguati per gli imprenditori di questo settore considerati i costi di gestione di una palestra. Offriamo servizi connessi a salute e benessere, ma non capiamo perché i centri in cui vengono rispettati obblighi e regole per evitare il contagio, siano tenuti chiusi. Dicono che non siamo un’attività essenziale non perché non essenziale alla salute, ma probabilmente perché valiamo poco per l’Erario. Infatti il 99% delle strutture appartengono ad associazioni del terzo settore, che dunque hanno agevolazioni fiscali. Questo credo sia il problema più grosso. Sull’ipotesi di un documento unitario da sottoporre all’attenzione del Governo, Guglielmi ha detto: “Il documento è una necessità, nei vari settori che rappresentiamo le problematiche sono comuni. Ala politica, non essendoci risultati scientifici, chiederei di vedere i dati che attestano che palestre e centri fitness sono luoghi di contagio del virus. La commissione tecnica scientifica ha questi dati?

Obiettivo tutela occupazionale

“Da marzo dello scorso anno la vita dei lavoratori è cambiata a causa della pandemia, una situazione inedita che ha avuto impatti molto forti, con la ristorazione che ha parzialmente chiuso. Il settore cambia spesso colore seguendo gli indici di contagio delle diverse regioni, che ha impatti variabili secondo l’andamento della pandemia. Per i lavoratori è una situazione molto difficile, anche perché nel sistema degli ammortizzatori sociali ci sono ritardi nei pagamenti”. Lo ha detto Luca De Zolt, funzionario Filcams cgil, sindacato del turismo e della ristorazione. “Nella ristorazione lavorano moltissime persone, ma nel settore del turismo l’impatto è stato ancora più forte in quanto sono venuti a mancare i flussi turistici internazionali. Strutture alberghiere e tour operator non lavorano, sono inattivi da tantissimi mesi e il problema è che abbiamo davanti molti altri mesi prima di poter ripartire. Un altro settore su cui ci saranno conseguenze di lunga durata è quello del turismo da lavoro e congressistica. Dovremo imparare a lavorare in maniera diversa, stiamo subendo cambiamenti nell’economia e nelle attitudini che avranno lunga durata. Il nostro obiettivo è la tutela occupazionale, per arrivare alla quale cerchiamo la convergenza da parte di tutti. Ora – prosegue De Zolt – è importante che le associazioni di rappresentanza convergano verso obiettivi comuni, mentre oggi c’è eccessiva frammentazione. Dobbiamo condurre la politica verso scelte maggiormente condivise”.

 

 



Iscriviti alla newsletter per essere aggiornato sulle attività dello Studio