15 Feb Dichiarazioni di Geronimo Cardia su Affari e Finanza del 15 febbraio 2021 “Le sale gioco chiuse per Covid. Danni per l’Erario e 70 mila imprese “
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Gli effetti della pandemia. Le sale gioco chiuse per Covid. Danni per l’Erario e 70 mila imprese
Stefano Carli, Affari e Finanza 15 febbraio 2021
Non solo cinema e teatri, concerti e musica dal vivo, palestre ed eventi sportivi: il Covid ha colpito duro anche il settore del gioco: dalle sale specializzate ai bingo, e ha chiuso anche i corner delle slot machine nei locali pubblici, bar e tabaccai.
Dieci mesi di chiusura che ha stravolto l’operatività delle aziende del settore (anche se in misura diversa nelle varie parti della filiera) ha quasi dimezzato il gettito erariale che entra nelle casse dello Stato (dai 10,4 miliardi del 2019, ultimo anno “normale”) ai 6,5 stimati per il 2020. Ma che, alla fine, ha colpito meno di tutti i giocatori. Che si sono riversati in parte sull’online (che è più che raddoppiato l’anno scorso e potrebbe raddoppiare anche quest’anno) e anche nel gioco illegale. E’ un settore dai grandi numeri. Circa 17 milioni di italiani, secondo il primo Rapporto sul gioco pubblico in Italia realizzato a fine 2019 dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e dall’Acadi, (l’associazione aderente a Confcommercio che raccoglie circa il 70% delle aziende del settore) hanno giocato almeno una volta l’anno. Nel 2019 la raccolta totale, ossia la somma spesa, comprese le vincite rigiocate, ha superato i 110 miliardi di euro. Le vincite totali pagate ai giocatori sono state 91 miliardi e quindi la spesa netta uscita dalle tasche degli italiani è stata di 19 miliardi circa. Di questi 11,3 miliardi hanno preso la via dell’erario. I quasi 8 miliardi che restano sono stati il fatturato di circa 70 mila imprese che compongono la filiera e che danno lavoro a 150 mila persone.
E’ una filiera polarizzata sui suoi estremi. Da una parte sette grandi piattaforme (ma erano 13 fino a poco tempo fa, c’è un processo di concentrazione in corso) che gestiscono le slot machine, le videolottery, in alcuni casi le scommesse, sale bingo e online, oltre ai prodotti mono-concessione delle grandi lotterie nazionali, con nomi come Gamenet, Lottomatica, Admiral Gaming Network, Cirsa, Nts, Hbg, Global Starnet, Snaitech, Sisal, Codere, Net Win. Sono la punta di diamante di un gruppo di poco più di 300 titolari di concessione: perché il gioco pubblico è un’attività la cui titolarità spetta all’Stato (e infatti è gestita dall’Agenzia delle dogane e dei Monopoli) che a assegna mediante gare per le diverse tipologie: un concessionario unico per le grandi lotterie nazionali, concessioni multiple per slot, scommesse, bingo e quant’altro. All’altro estremo una rete di 60 mila esercizi pubblici, bar e tabaccai, che hanno allestito degli angoli in cui ospitano una o più slot machine, le rivendite di grata e vinci e delle grandi lotterie nazionali più alcune tipologie di scommesse. In mezzo 10 mila imprese che gestiscono locali specializzati, le sale giochi, regolate da norme precise, a partire dal divieto di ingresso ai minori (cosa che vale anche per i corner dei locali pubblici). Infine, 3,500 imprese circa che si occupano dell’indotto: dalla manutenzione degli apparecchi e dei terminali, della connessione alle piattaforme telematiche, fino alla riscossione degli incassi.
E’ ovvio che a soffrire di più sono le imprese del retail, ossia della rete fisica di locali dove si gioca. Sono loro ad avere gli incassi azzerati da 10 mesi. E sono loro, con il sostegno anche delle altre società, che da settimane organizzano manifestazioni davanti al Parlamento (la prossima è convocata in parallelo a Roma e a Milano per il 18 febbraio, giovedì prossimo). Chiedono la possibilità di riaprire secondo le norme degli altri locali pubblici, dai negozi ai ristoranti. “Giocare distanziati e in locali sanificati è possibile – spiega Geronimo Cardia, presidente di Acadi – e d’altra parte gli operatori del gioco pubblico sono imprese che hanno vinto gare presentando requisiti che sono stati verificati e che svolgono anche un importante ruolo di controllo in un settore delicato come questo. Sono tenuti al rispetto delle norme antiriciclaggio e, come le banche, segnalano le operazioni sospette; garantiscono la tracciabilità dei flussi finanziari; la gestione digitale dei giochi permette di rilevare e tracciare le puntate anomale. Infine, in tutti gli ambienti dedicati ci sono impianti di videosorveglianza a cui possono accedere tutte le autorità investigative. La filiera è dunque un presidio di legalità e non a caso con le chiusure è aumentata l’attività illegale”.
L’universo parallelo del gioco illegale vale quasi quanto quello ufficiale: sui 20 miliardi l’anno, stimava nel 2019 il procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho (il confronto non si fa sulla raccolta ma sulla quota che va alle imprese che nel gioco pubblico sono appunto circa 20 miliardi) e ci sono segnali di una crescita in questi mesi: stime parlano di una ulteriore raccolta tra i 5 e i 10 miliardi. Anche l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha intensificato i controlli e il presidente Marcello Minenna ha rilevato che nei mesi passati ci sono state circa 5 mila chiusure di sale da gioco clandestine. L’online – quello legale ovviamente – per ora incide relativamente poco: il 20% in termini di raccolta, ma si concentra su meno giochi e soprattutto esclude le grandi lotterie a totalizzatore nazionale, Lotto e i vari gratta e vinci, che sono quelli che fanno la maggior parte dei volumi assieme alle slot machine. I vari casinò online, poker e giochi di carte online e scommesse hanno funzionato ma interessano un numero minore di giocatori e di giocate. Oltretutto con aliquote di gettito erariale inferiore. Per questo l’online per l’erario nel 2019 ha pesato molto meno del 20% della raccolta: un misero 4%. Che però si stima sia già passato al 10% l’anno scorso.