Cortocircuito istituzionale tra Regione Lazio e Roma Capitale. Anche dopo il revirement della Regione Lazio del 2022 la questione territoriale a Roma rimane, almeno per il Tar Lazio. Questo crea problemi anche all’indizione delle gare che il riordino è chiamato a risolvere nei tavoli tecnici oggi al lavoro. (Governo, Regione e Comuni. Un tris che porta al caos, Gioconews – giugno 2024)

In questo articolo, prendendo spunto da una recente, preoccupante, sentenza del Tar Lazio ci chiediamo se con il revirement della Regione Lazio del 2022 sia stato superato l’effetto espulsivo del distanziometro regionale. E la risposta è sì, anzi no, anzi dovrebbe. Il caso è emblematico sicuramente perché il territorio interessato è talmente esteso da risultare quale sommatoria di superfici di diversi comuni importanti d’Italia. Questo crea un problema rilevante in quanto pur essendo state fatte salve le realtà preesistenti, si pone un tema certamente di divieto sostanziale del territorio per le nuove aperture e, dunque di blocco del mercato, e potrebbe porsi anche un tema di indizione delle gare da risolvere sui tavoli tecnici in questi giorni per dare corpo al riordino del territorio che presuppone valutazioni consapevoli che ho provato a sintetizzare nel libro “Il gioco pubblico in Italia. Riordino, questione territoriale e cortocircuiti istituzionali” presentato il 15 maggio alla Sala Nassirya del Senato.

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Il revirement della Regione Lazio del 2022

Tutti ricordano il lavoro immenso fatto per evitare l’effetto espulsivo delle realtà preesistenti che portò nella Regione Lazio alla riforma del 2022 del distanziometro con in sostanza la salvaguardia di realtà preesistenti, la riformulazione dei parametri del distanziometro (con ridimensionamento dei metri distanziali e del numero delle tipologie di luoghi sensibili) e l’indicazione di ulteriori misure di contrasto al disturbo da gioco d’azzardo.

In particolare, per quel che riguarda i parametri del distanziometro, la riforma fatta con la Legge Regione Lazio n. 16 del 2022 ha modificato l’art. 4 della legge Regione Lazio n. 5 del 2013 ed ha introdotto l’ art. 4, co. 1, lett. a) secondo cui: ‹‹1. Fermo restando il rispetto della normativa statale in materia, al fine di tutelare determinate categorie di soggetti maggiormente vulnerabili e prevenire fenomeni di GAP, l’apertura di nuove sale gioco è consentita a condizione che: a) siano ubicate ad un raggio non inferiore a 250 metri da aree sensibili, quali istituti scolastici di qualsiasi grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente da giovani, centri anziani, strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale o luoghi di culto […]››;

Il Regolamento di Roma Capitale del 2017

All’epoca, lo si ricorda, c’era l’art. 6, co. 1, del Regolamento capitolino in materia di sale giochi e giochi leciti adottato nel 2017 (poi modificato nel 2019), secondo cui: “Ai sensi e per gli effetti della normativa regionale e/o nazionale vigente, è vietata l’apertura di nuove sale da gioco con installazione di VLT (Videolottery Terminal), di agenzie per la raccolta di scommesse e di esercizi che installano giochi con vincita in denaro che siano ubicate ad una distanza inferiore a 500 (cinquecento) metri da aree sensibili, misurandola secondo il percorso pedonale più breve in base al Codice della Strada, dall’ingresso del locale da gioco all’ingresso del luogo sensibile, quali:   a. istituti scolastici di qualsiasi ordine e grado; b. centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente dai giovani; c. centri anziani; d. strutture residenziali o semiresidenziale operanti in ambito sanitario o socioassistenziale; e. luoghi di culto.     Al fine di tutelare la salute pubblica ed evitare che la disponibilità immediata di denaro contante costituisca incentivo al gioco ed ulteriore fattore di rischio per il giocatore compulsivo, all’interno del locale in cui sono installati apparecchi per il gioco con vincita in denaro non potranno essere presenti sportelli bancari, postali o bancomat.

In quella fase, infatti, come risulta dal Regolamento stesso “La Regione Lazio pur non stabilendo [nell’allora vigente normativa] una distanza minima, rinvia alla normativa statale, di fatto onerando gli Enti Locali di individuarla, contemperando gli interessi in gioco in relazione alle caratteristiche che assumono nello specifico contesto sociale di applicazione”.

Il caso giudiziario

Il caso in esame riguarda la sentenza del Tar Lazio n. 9358/2024 del 13/05/2024, relativa al giudizio RG n. 12668/2023 che ha impedito ad una nuova realtà di aprire una sala vicina ad un luogo sensibile più di 250 metri ma meno di 500.    Una nuova realtà, dunque, che rispetterebbe il nuovo distanziometro del 2022 ma che sarebbe in violazione di quello del Regolamento capitolino del 2017.

I Comuni possono derogare ai parametri del distanziometro regionale

Al riguardo, i giudici hanno messo in evidenza il passaggio della normativa regionale del 2022 in cui espressamente è previsto a livello comunale sia un potere di deroga ai parametri distanziali indicati, sia un principio di applicazione del criterio più rigido nel caso di differenza tra essi.  In particolare si tratta: (i) dell’art. 4, co. 1-bis secondo cui “I comuni possono individuare ulteriori limitazioni a quelle previste al comma 1, tenendo conto dell’impatto sul territorio, della distribuzione oraria, della sicurezza urbana, dei problemi connessi con la viabilità, dell’inquinamento acustico e delle esigenze di tutela della salute e della quiete pubblica”;  (ii) dell’art. 4, co. 1-ter secondo cui “In caso di contrasto tra le disposizioni di cui al comma 1 e le disposizioni comunali, si applicano le norme più restrittive”.

Ma veramente ci troviamo di fronte ad “Un’accurata e specifica istruttoria (…) dell’impatto sul territorio” del Regolamento del 2017?

Il punto focale che qui si vuole mettere in evidenza è il passaggio finale della sentenza in cui si afferma che il Regolamento sarebbe fondato su “un’accurata e specifica istruttoria sostanzialmente rispettosa degli standard valutativi imposti dal sopravvenuto art. 4, co. 1-bis, legge Regione Lazio n. 5 del 2013 (così come da ultimo modificato con la novella del 2022), e cioè i parametri “dell’impatto sul territorio, della distribuzione oraria, della sicurezza urbana, dei problemi connessi con la viabilità, dell’inquinamento acustico e delle esigenze di tutela della salute e della quiete pubblica”.  

E di questo passaggio colpisce soprattutto il riferimento alla valutazione di impatto sul territorio che a quanto si legge sarebbe stata condotta in sede di concepimento del Regolamento.

Nel corpo della sentenza, infatti, viene riportato un ampio stralcio del Regolamento stesso in cui si parla di rapporti di associazioni con dati sul disturbo da gioco d’azzardo, sul numero delle sale, delle macchine, del consumo procapite, di un raffronto con la Francia.    Son tutte questioni eventualmente sindacabili nel merito di ciascuna di essa, ma quel che qui conta è che non esiste una specifica ed accurata istruttoria dell’impatto della misura sul territorio.

Unico riferimento alla valutazione dell’ampiezza dei 500 metri è il fatto di ricordare che “una distanza minima di cinquecento metri è prescritta dall’art. 4 della L.R. Toscana n. 57/2013, dall’art. 7 della L.R. Puglia n. 43/2013 e dall’art. 6 della L.R. Basilicata n. 30/2014; una distanza minima, determinata dalla Giunta Regionale, ma comunque non superiore a cinquecento metri, è prevista dall’art. 5, comma 1, della L.R. Lombardia n. 8/2013, e dall’art. 6 della L.R. Friuli V.G. n. 1/2014, analogo potere è attribuito ai Comuni dall’art. 6 della L.R. Umbria n. 21/2014, mentre l’art. 4 della L.R. Valle d’Aosta n. 14/2015 prevede la stessa distanza, ma consente ai Comuni di stabilire una distanza maggiore

Ed è di tuta evidenza che nel passaggio si omette di considerare che tutti i distanziometri delle leggi regionali richiamate, al pari di quello del regolamento in esame, essendo in concreto sostanzialmente espulsivi sono stati e sono causativi della paralisi dell’indizione delle gare per le nuove concessioni, come tra l’altro previsto anche nei noti pareri del 2018 del Consiglio di Stato.

Conclusioni

Ora, è chiaro che la vicenda giudiziaria riguarda l’analisi giuridica specifica della eventuale permanenza della legittimità del Regolamento comunale del 2017 rispetto all’entrata in vigore del revirement formulato peraltro successivamente nel 2022.

E’ altrettanto chiaro che il Collegio abbia messo in evidenza le ragioni per le quali non sarebbe applicabile il principio del tempus regit actum, e che il Regolamento del 2027 continuerebbe  ad avere effetto.

Ma quel che qui rileva è che il Collegio abbia ritenuto congrua la valutazione operata dal Regolamento del 2017 in merito all’impatto sul territorio del distanziometro di 500 metri quando, oltre a quanto sopra riportato, è stato proprio il distanziometro di 500 metri ad avere innescato le valutazioni che hanno portato alla riforma regionale ed al relativo revirement del 2022 e con la riduzione dei parametri.

Tra l’altro nel libro citato in apertura si mette a disposizione la tavola a colori della perizia urbanistica condotta sul territorio di Roma Capitale che denunzia per effetto del distanziometro espulsivo del 2017 un’insediabilità residua del territorio dello 0,70% ed un divieto del 99,30% (pagina 615 cit.).

In altre parole ci si trova di fronte all’ennesimo e triplo cortocircuito istituzionale, non solo tra normativa nazionale e normativa territoriale ma addirittura tra normativa regionale del Lazio e normativa comunale di Roma Capitale.

In sede di riordino non può non tenersi conto di queste distorsioni, peraltro messe in fila nel libro che abbiam presentato alla sala Nassirya al Senato il 15 maggio, insieme alle leve che si possono usare per dare alla distribuzione una regolamentazione sostenibile ed efficace.

Geronimo Cardia



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