01 Giu Anche la Corte Costituzionale, in fondo, boccia il distanziometro (Gioconews.it giugno 2017)
C’era grande attesa per la sentenza della Corte Costituzionale in merito al distanziometro imposto dalla Legge Regione Puglia. C’era grande attesa perchè la giurisprudenza amministraitiva aveva già avuto modo di censurare – fino ad annullare – o distanziometri viziati dall’effetto espulsivo generato da regolamenti comuninali, ma ancora no ha rinviato alla Corte Costituzionale nessuna legge regionale o nessuna legge provinciale con distanziometri viziati da Effetto Espulsivo. Unico caso atteso era, come si diceva, quello relativo alla Legge della Regione Puglia. Ebbene, come si temeva, per come strutturata l’ordinanza di rimessione, la Corte ha ritenuto di “dichiarare non fondate le questioni di legittimità co- stituzionale dell’art. 7 della legge della Regione Puglia 13 dicembre 2013, n. 43 (…), sollevate dal Tribunale ammini- strativo regionale per la Puglia (…) in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera h), e terzo, della Costituzione”. Questa conclusione (i.e. che la Legge Regionale Puglia non è in contrasto col Decreto Balduzzi) però non deve mini- mamente portare fuori strada l’interprete, posto che nel corpo della Sentenza emerge a chiare lettere che la Corte non ha bocciato l’Effetto Espulsivo.
LE INDICAZIONI DELLA CORTE – La Corte ha dato due in- dicazioni importanti. In primo luogo, ha solo affermato di non potersi pronunciare sull’aspetto dell’Effetto Espulsivo perché non proposto nella ordinanza di rimessione alla Corte stessa. In secondo luogo, si è presa l’onere di descri- vere perfettamente la fattispecie dell’Effetto Espulsivo e di dare utilissimi suggerimenti per individuare e focalizzare i vizi dell’Effetto Espulsivo, individuandoli nella lesione dell’impresa e del principio dell’affidamento. Ebbene, pro- cedendo con ordine, i passaggi in cui la sentenza dedica attenzione alla descrizione della fattispecie dell’Effetto Espulsivo sono tra l’altro i seguenti.
“Le parti private rilevano come la norma puglie- se, più che tutelare categorie di persone partico- larmente esposte al rischio della dipendenza dal gioco d’azzardo, produca un vero e proprio ‘effetto espulsivo’ del gioco lecito dal territorio regionale. Come emergerebbe dalle relazioni tecniche alle- gate all’atto di costituzione, la distanza minima prevista e l’ampiezza della lista dei luoghi conside- rati ‘sensibili’ renderebbero praticamente impossi- bile installare sale da gioco nella quasi totalità dei comuni della Puglia, compreso il suo capoluogo. Il limite in questione non rappresenterebbe, per- tanto, una misura di contrasto della ludopatia, ma si risolverebbe in una generale regolamentazione del gioco e delle scommesse. La tutela della sa- lute, in quanto «materia-scopo», esigerebbe, in- fatti, la proporzionalità dell’intervento rispetto all’obiettivo perseguito – e dunque, nella specie, la previsione di una distanza ragionevole in rappor- to alla densità dei luoghi ‘sensibili’ e alla concreta diffusione della ludopatia nel territorio regionale, senza potersi tradurre in divieti assoluti, espliciti o surrettizi.
Precludendo in radice l’esercizio del gioco lecito nella Regione, la norma censurata impedirebbe di indirizzare la ‘domanda di gioco’ verso la legalità e, quindi, di contrastare la diffusione del gioco il legale, attorno al quale notoriamente proliferano ulteriori fenomeni criminosi, quali il riciclaggio, l’incremento dei patrimoni della criminalità organizzata e forme di violenza nei confronti dei giocatori insolventi. Lo strumento più efficace per contrastare l’illegalità sarebbe costituito, in effetti, dalla presenza di una normativa che ponga limiti all’attività, ma che, al contempo, risponda alla richiesta di gioco lecito che fisiologicamente proviene dalla popola- zione. Di questa strategia sarebbe espressione l’art. 38 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la ra- zionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), con- vertito, con modificazioni, in legge 4 agosto 2006, n. 248, che ha riformato il settore del gioco, anche al fine di assicurarne l’adeguamento al diritto comunitario, prevedendo, da un lato, l’apertura di settemila nuovi punti vendita e, dall’altro, una serie di misure intese a contenere il fenomeno del gioco illegale”.
I passaggi in cui la Corte afferma di non potersi occupa- re dell’Effetto Espulsivo ma si preoccupa di esaltarne i vizi sono i seguenti: “le parti private costituite assumono che l’art. 7 della legge reg. Puglia n. 43 del 2013, per come è con- gegnato, più che tutelare le ‘fasce deboli’ della popolazione rispetto al rischio della ludopatia, produrrebbe un vero e proprio ‘effetto espulsivo’ del gioco d’azzardo lecito dal ter- ritorio regionale. La distanza minima prevista (cinquecento metri per il percorso pedonale più breve) e l’ampiezza del catalogo dei luoghi ritenuti ‘sensibili’ renderebbero, infatti – secondo le stesse parti private – praticamente impossibile installare sale da gioco nella quasi totalità dei comuni della Puglia, compreso il suo capoluogo.
In questi termini, il rilievo si rivela, peraltro, inconferente rispetto alla censura sottoposta all’esame della Corte. Esso non incide, infatti, sul versante della competenza ad adotta- re la norma impugnata – rispetto al quale resta fermo quan- to in precedenza osservato – ma su quello del contenuto della regolamentazione concretamente adottata. Al legislatore pugliese si rimprovera, in sostanza – segna- tamente dalle parti private – di aver emanato una norma eccedente lo scopo e idonea a paralizzare le iniziative im- prenditoriali nel settore del gioco lecito, ledendo anche l’af- fidamento di chi aveva in esso investito. Tali profili esulano, tuttavia, dall’odierno thema decidendum, non essendo la Corte chiamata a verificare la conformità della norma impugnata a parametri diversi da quelli attinenti a profili di competenza”.
In sostanza la sentenza mette in evidenza che l’Effetto Espulsivo rende la norma in questione una norma ecceden- te lo scopo e che è idonea a paralizzare le iniziative impren- ditoriali ed a ledere il principio dell’affidamento. Proprio perché la Corte ha poi precisato che tuttavia tali temi non sono stati proposti alla sua attenzione con l’ordinanza di rimessione, ecco che nei contenziosi in essere potrà utilmente richiamarsi questo passaggio della Sentenza per in- vocare la valutazione di una non manifesta infondatezza dell’illegittimità costituzionale dell’Effetto Espulsivo delle norme regionali e delle Province Autonome impugnate.
È di tutta evidenza che se la giurisprudenza amministrativa ha già cominciato a censurare l’Effetto Espulsivo dei provvedimenti comunali per la violazione dei principi del- la proporzionalità e del difetto di istruttoria, perché mai non dovrebbe rimettere alla Corte Costituzionale l’Effetto Espulsivo delle leggi regionali o delle Provincie Autonome?
LA SENTENZA DEL TAR TOSCANA – Oltre alle sentenze che hanno censurato l’Effetto Espulsivo già richiamate nei precedenti interventi, si ricorda oggi quella del Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana che ha annullato il distanziometro del Regolamento di Livorno. Significativi i passaggi che si richiamano. “La perizia (…) giunge alla conclusione che mediante l’ap- plicazione delle disposizioni regolamentari impugnate nel- la città di Livorno sarebbe vietata ogni nuova allocazione degli esercizi di cui si tratta, con le sole eccezioni dalla zona portuale in cui gli strumenti di governo del territorio non consentono di inserire attività ludiche; del territorio agri- colo non edificato (….) dove non vi sono edifici in cui in- sediare alcuna delle attività in questione anche in ragione delle prescrizioni dello strumento urbanistico e dei vincoli presenti, come quelli paesaggistico e idrogeologico, e infine delle piccole aree libere nell’abitato di Antignano e Monte- nero che sono zone di pregio prettamente residenziali e sature, nelle quali lo strumento urbanistico non permet- terebbe l’insediamento delle attività de quibus. (…) le pur lodevoli intenzioni di contrastare il gioco compulsivo e le conseguenze negative che ne derivano non può esprimersi in atti che finiscono con lo svuotare completamente l’eser- cizio della libertà di iniziativa economica. In altri termini, a fronte di una attività ammessa e disciplinata dalla legislazione statale come quella di cui si tratta l’ente locale non può adottare provvedimenti i quali finiscano per inibire completamente il suo esercizio, poichè in tal modo verrebbe sostanzialmente espropriato il diritto di iniziativa eco- nomica. Il regolamento in questione, per l’ampiezza e anche la genericità delle dizioni in esso contenute, quale ad esempio quella di ‘studio medico’ come correttamente dedotto dai ricor- renti, finisce con il vietare l’apertura degli esercizi di cui si tratta in tutto il territorio del Comune di Livorno (…). Si può quindi concludere che così operando, l’Amministrazione ha effettuato un’espropriazione di fatto della libertà di iniziativa economica relativamente all’apertura di esercizi la cui liceità è stabilita nella legislazio- ne statale. L’intento politico dell’Am- ministrazione comunale, di inibire l’esercizio del gioco, avrebbe dovuto carattere politico quali, ad esempio, una mozione rivolta agli organi statali per modificare la normativa (statale) che lo consente.
Ma finché detta normativa resta vigente, gli atti dell’Amministrazione comunale non possono arrivare a vietare tout court un’attività considerata lecita dall’ordi- namento; questa può solo essere limitata nel suo esercizio protezione nell’ordinamento ed in particolare la salute, nelle sue diverse articolazioni della prevenzione della ludo- patia ma anche dell’inquinamento acustico e della quiete pubblica (art. 4, comma 2, L.R. 57/2013) e, comunque, sempre nei limiti della ragionevolezza e della proporzionalità. Non è però consentito di pervenire in via regolamentare ad un sostanziale divieto di svolgere in tutto il territorio comuna- le un’attività che, si ripete, è pur sempre considerata lecita dall’ordinamento.”
A quando il turno dell’Effetto Espulsivo generato con i distanziometri delle Leggi delle Regioni e delle Provincie Autonome?
Avv. Carlo Geronimo Cardia
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