“Nel riordino del territorio, se resta il distanziometro occorre sostituire il raggio con il percorso pedonale più breve. Anche se i Giudici hanno recentemente detto il contrario perché quello che serve è un sistema normativo equilibrato e realmente efficace a contrastare il disturbo da gioco d’azzardo” (Pressgiochi luglio – agosto 2024)

In questo articolo prendiamo lo spunto da un passaggio giurisprudenziale recente, dalle motivazioni non propriamente convincenti, per trattare il tema della reale efficacia per il contrasto al disturbo da gioco d’azzardo delle misure esistenti ed in particolare del distanziometro, puntando l’attenzione questa volta sul sistema di misurazione della distanza. L’analisi sarà utile nel caso in cui il riordino, che dovrà essere necessariamente equilibrato, intenda ancora parlare di distanziometro. Non si trovano riscontri scientifici che possano legittimare la scelta di un criterio di distanza con “raggio in linea d’aria” in luogo del “percorso pedonale più breve”: le persone non volano, camminano. Questo argomento viene trattato anche nel libro appena pubblicato “Il gioco pubblico in Italia: riordino, questione territoriale e cortocircuiti istituzionali” in cui in più parti vengono richiamati i principi necessari per addivenire ad un riordino equilibrato del comparto.

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Premessa
Il Tar Trento ha rigettato un ricorso di un operatore che ha sottoposto ancora una volta, tra le altre, la questione sulla legittimità del criterio di calcolo della distanza del raggio in linea d’aria, piuttosto che con il percorso pedonale più breve (sentenza n. 79/2024 pubblicata il 28/5/2024 nel procedimento n. 105/2023).

Il provvedimento del Comune e la Legge della Provincia
Il Comune di Trento (Delibera Consiliare 8/3/ 2017, n. 32) prevede che la “misurazione della distanza avviene utilizzando il criterio del raggio, in linea d’aria in tutte le direzioni tra l’accesso/ingresso principale dell’esercizio/locale/area interessati alla collocazione o alla rimozione degli apparecchi di cui all’art. 110, c. 6 del T.U.L.P.S. e l’acceso al luogo sensibile”, in conformità con la nota della Provincia autonoma del 21/9/2016, ma diversamente da quanto stabilito originariamente dalla Legge Provinciale n. 9 del 2000 che non faceva alcun riferimento testuale al raggio.

Rilevanza ai fini del calcolo in concreto dell’applicazione del raggio, piuttosto che del percorso pedonale.  
Va chiarito al riguardo che impostare un criterio con il raggio solitamente determina un’area di interdizione superiore rispetto a quella che si determinerebbe con l’applicazione del criterio della distanza pedonale.
E ciò per la chiara ragione che il conteggio dei metri di interdizione da effettuarsi su un percorso pedonale segmentato possa esaurirsi in un’area dal raggio evidentemente più ristretto.
Ciò consentirebbe in molti casi di liberare inutili aree di interdizioni e di uscire dallo scacco matto dell’effetto sostanzialmente espulsivo.

Le motivazioni dei Giudici sul corretto utilizzo del criterio del raggio. 
I Giudici precisano che “il criterio di determinazione della distanza dai luoghi sensibili individuati dalla disposizione provinciale è rimesso alla discrezionalità tecnica del Comune, che lo ha individuato come il raggio in linea d’aria sulla scorta della circolare provinciale che lo suggerisce quale criterio uniforme di applicazione per il territorio trentino”, mentre la legge provinciale del 2000, non essendo ormai applicabile, non consentirebbe di giungere a diverse conclusioni.
Inoltre, i Giudici, prima di citare i precedenti giurisprudenziali sul punto, aggiungono che l’applicazione del criterio del raggio nel caso della provincia di Trento non porterebbe “all’estromissione di un intero settore dal territorio comunale”.
Su tale aspetto, in realtà, sarebbe importante mettere in luce che il tutto andrebbe verificato in concreto valutando, come fatto ad esempio in alcuni contenziosi per il distanziometro dell’Emilia Romagna, l’effettiva possibilità di delocalizzazione senza limitarsi a certificare solo potenziali e solo teorici spazi insediabilità, da un lato, ed a legittimare distanziometri solo perché non impediscono l’insediabilità sul 100% del territorio. Prima di affermare la possibilità di insediamento in altre parti andrebbe fatta quindi una verifica in concreto. E poi occorrerebbe riconoscere la non manifesta infondatezza delle questioni sollevate non solo nei casi di certificazione del 100% di concreta interdizione, ma anche in ipotesi più contenute di interdizione. A tale ultimo proposito va ricordato che a tale conclusione giunge anche il Presidente Emerito della Corte Costituzionale Prof. Annibale Marini in un parere pure richiamato nel libro citato in apertura.
Inoltre i Giudici affermano che quello del raggio rappresenterebbe “un criterio omogeneo e di facile, oggettiva ed economica applicazione” e  sarebbe utile per la  “maggiore certezza che ess[o] riserva agli stessi operatori economici che sono posti nelle condizioni di conoscere preventivamente l’univoca distanza richiesta dai luoghi sensibili senza subire i rischi di eventuali mutamenti dei percorsi pedonali collegati alle concrete esigenze della viabilità”.
Tale affermazione va accolta con favore laddove sembra voler far emergere la consapevolezza del principio dell’esigenza della certezza del diritto anche nella materia degli insediamenti dei punti di gioco, ma ci si dimentica di far evidenziare (o di censurare) che la maggior parte delle leggi regionali e provinciali non tutela gli operatori di gioco dai casi di apertura di nuovi luoghi sensibili nelle vicinanze.

Conclusioni
Oltre ai principi di diritto che riguardano specificamente il caso di specie affrontato nelle pagine della sentenza in commento, il dato ancor più rilevante che si vuol mettere in evidenza è che passa in secondo piano il fatto che per valutare l’idoneità di una misura, ed in particolare di una modalità tecnica di applicazione della misura stessa, non si possa prescindere dal bene della vita che la misura stessa abbia come obiettivo di tutelare.
In questo, come negli altri casi dei distanziometri degli enti del territorio, il distanziometro è ritenuto da chi lo concepisce come una tecnica idonea a mettere una distanza fisica tra una persona ed un punto di gioco, nella speranza che tale distanza fisica sia idonea a dissuadere la persona stessa dall’accedere al punto di gioco.
Ebbene posto che alle persone allo stato sembra chiaro che non sia consentito di volare, e dunque di affrontare in linea d’aria il raggio di interdizione, ma sia consentito solo di camminare, e dunque di percorrere un percorso pedonale, non si vede ragione logica alcuna, e quindi conseguentemente giuridica, per continuare a sostenere che per determinare una distanza fisica sia necessario applicare il criterio del raggio in linea d’aria e non piuttosto quello del percorso pedonale.

Geronimo Cardia



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