Nei cortocircuiti istituzionali si fa di tutto per salvare le contraddizioni dei distanziometri. Ma è la via giusta per la soluzione alla Questione Territoriale? (La questione territoriale e la distanza dalla soluzione, Gioconews – aprile 2024)

In questo articolo prendiamo spunto da una recente sentenza del Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso di un operatore del gioco per mettere in evidenza l’esistenza dei cortocircuiti istituzionali che attualmente ostacolano una soluzione alla Questione Territoriale che è invece cruciale per il riordino. L’assist è importante perché in questi anni abbiamo colto l’occasione di evidenziare la centralità della soluzione alla Questione Territoriale e le modalità per il superamento dei numerosi cortocircuiti istituzionali che la ritardano. E’ importante mettere ora in fila principi che abbiamo messo a disposizione di tutti. Ad esempio il principio del “presidio capillare”, il principio di una “strategia consapevole e strutturata di contrasto al DGA, senza controproducenti discriminazioni” e, se proprio si vogliono adottare i distanziometri, il principio che i luoghi sensibili siano solo quelli veramente sensibili, il principio dell’azzeramento dell’incertezza normativa, il principio di fare veramente salve le realtà preesistenti ed il principio di sopravvivenza dei punti autorizzati rispetto all’insorgenza di nuovi luoghi sensibili.

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Premessa
Si tratta della sentenza del Consiglio di Stato n. 2786/2024 pubblicata il 21/3/2024 nel procedimento n. 2862/2023 nella quale vengono messi evidenza sostanzialmente tre aspetti: (i) i distanziometri vanno bene perché le Regioni possono legiferare, in quanto l’Intesa del 2017 non è stata formalizzata, i distanziometri hanno superato il vaglio della Corte Costituzionale, l’iniziativa economica privata deve ritenersi recessiva e il Ministero dell’Interno ha dato chiare indicazioni alle questure sull’applicazione dei distanziometri; (ii) le attività di raccolta delle scommesse (ex art. 88) sono assimilabili a quelle delle “sale gioco” (ex art. 86) ai fini del contrasto al disturbo da gioco d’azzardo; (iii) il ricorso va accolto perché uno studio di un medico singolo, a differenza di uno studio medico associato, non può essere un luogo sensibile perché non è una struttura sanitaria.

I distanziometri in realtà presentano radicali contraddizioni. A partire dalla violazione del principio del “presidio capillare”.
A differenza di quanto indicato nella sentenza nei primi passaggi, come abbiamo più volte avuto modo di ricordare nelle pubblicazioni di questi anni, se l’Intesa del 2017 è stata raggiunta e il decreto di attuazione di competenza del Mef non è mai stato formalizzato ma per ragioni non chiare, tuttavia gli obiettivi di riduzione dei punti, previsti nell’Intesa paradossalmente di fatto solo per la verticale distributiva gli apparecchi, sono stati raggiunti.
Se all’Intesa non è attribuito formalmente un valore cogente per il suddetto motivo, tuttavia la giurisprudenza ha cristallizzato in alcuni casi la natura vincolante dei principi in essa espressi.
E se lo ha fatto espressamente per i principi che hanno arginato le esagerate limitazioni orarie (dicendo che occorre rispettare comunque il principio secondo cui le limitazioni orarie dei territori non possono superare le 6 ore complessive giornaliere), il discorso non può non valere anche per le osservazioni fatte per debellare l’espulsività dei distanziometri (per i quali l’Intesa aveva affermato il principio che abbiamo definito per comodità del “presidio capillare” dell’offerta pubblica sui territori).
Se il Ministero dell’Interno ha dato giustamente indicazione alle Questure in tema di distanziometri, tuttavia è anche vero che proprio in attuazione dell’affermazione dell’indicazione della giurisprudenza sulla necessità di rispettare i principi dell’Intesa benché non attuata, ci sono diverse Istituzioni che nel tempo hanno impartito ai territori le istruzioni di rispettare i richiamati principi dell’Intesa in materia di limitazione di orari. E se ciò vale per gli orari deve valere anche per i principi relativi ai distanziometri ed in particolare per il principio del presidio capillare.
E poi ancora in ballo non c’è solo l’interesse costituzionale dell’iniziativa privata ex art. 41 – che pure basterebbe per affermare la non manifesta illegittimità di distanziometri nei fatti espulsivi o marginalizzanti perché sproporzionati – ma anche, tra gli altri, il diritto alla salute che siffatti distanziometri non solo non tutelano ma, a dire degli esperti in materia sanitaria, penalizzano.

Il principio di strategia consapevole, strutturata e sostenibile di contrasto al DGA, senza controproducenti discriminazioni.
Nella sentenza si precisa un aspetto che gli esperti sanitari colgono da sempre ma che i legislatori dei territori (regionali o comunali) fanno evidentemente fatica a cogliere: “(…) questo Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5327 del 16 dicembre 2016, ha ribadito che in ambito nazionale, ed in particolare ai fini della tutela della salute (art. 32 Cost.), l’attività di gestione delle scommesse lecite, prevista dall’art. 88 del R.D. n. 773 del 1931, è parificata alle sale da gioco invece disciplinate dal precedente art. 86. (…) Le norme attuative della singola legge regionale, pertanto, devono essere interpretate secondo una interpretazione logica e sistematica e, malgrado le espressioni letterali impiegate, non possono che essere riferite «ad entrambe le attività, fonti entrambi di rischi di diffusione della ludopatia» (Cons. St., sez. V, 16 dicembre 2016, n. 5327)” (Consiglio di Stato, Sez. III, 26 marzo 2021, n. 2579)”.
E qui, a proposito della necessità di un ordinamento omogeneo, viene in rilievo anzitutto il fatto che recentemente, dallo stesso Consiglio di Stato, è stato anche affermato che in realtà in un provvedimento regionale o provinciale occorre che le tipologie di giochi penalizzate dai provvedimenti limitativi siano espressamente indicate (si ricorda il caso commentato delle scommesse per il distanziometro della Provincia di Bolzano).
Ma soprattutto quel che rileva è l’importanza che la strategia di contrasto al DGA operata sui territori sia non miope, coordinata e strutturata.
Occorre soprattutto che la strategia di contrasto al DGA sia consapevole dell’esistenza di tutte le verticali distributive e non solo di quelle qui in commento, sia consapevole delle regole di distribuzione che le riguardano tutte e delle limitazioni sino ad oggi ad esse imputate.
Tra l’altro la strategia di contrasto deve essere anche sostenibile e per questo non finire per rivelarsi nuovamente meramente proibizionistica, discriminatoria e per questo causativa di spostamenti di origine normativa della compulsività tra prodotti di gioco.

In ogni caso, i luoghi sensibili devono essere veramente sensibili, va risolto il problema dell’incertezza normativa, occorre fare salve le realtà preesistenti ma anche prevedere il principio di sopravvivenza dei punti autorizzati.
Nella sentenza si afferma che lo studio di un medico singolo non rappresenti una struttura sanitaria e pertanto non possa rappresentare un luogo sensibile.
Bene la decisione.
Ma questa consente di mettere in luce diverse contraddizioni, diversi cortocircuiti istituzionali che da anni mettiamo sul tavolo e cha vanno definitivamente risolti.
La sentenza motiva l’esclusione affermando che lo studio di un medico singolo sia diverso da uno studio associato di medici ai fini della verifica dell’esistenza di una “struttura sanitaria e ospedaliera”, anche valorizzando da un punto di vista letterale la congiunzione “e” usata al posto della “o”.
Ma molti, in molte altre regioni ed in altre sentenze potrebbero obiettare che sarebbe come dire che una ditta individuale proponga prodotti diversi da una società, o che un avvocato singolo metta a disposizione servizi diversi da uno studio associato di avvocati, quando ciò non accade a prescindere dall’organizzazione.
Il cuore del problema, se si vuole dare una risposta di metodo e che serva al legislatore in questa fase di riordino, è certamente quello di verificare se in una struttura (piccola, media, grande che sia) vi sia effettivamente un’importante concentrazione di soggetti in cura per le dipendenze che suggerisca in quanto tale di non essere accostata ad un punto di gioco (qualunque esso sia, pur nella consapevolezza del paradosso della presenza dell’on line non limitabile fisicamente). E questa verifica di natura sostanziale, qualitativa e dimensionale, certamente non può essere richiesta al privato ma difficilmente può essere effettuata in concreto ed a priori, se non con riferimento ad esempio ai Serd ed ai Sert o ai grandi centri anche privati ma esplicitamente ed univocamente votati alle cure delle dipendenze.
Se ciò non risulta espressamente dimostrato, il luogo non può essere considerato un luogo sensibile in sostanza, neanche se è uno studio medico associato o un grandissimo centro sanitario o ospedaliero, altrimenti la misura risponderebbe unicamente ad esigenze di propaganda.
Il problema dell’incertezza normativa della identificazione dei luoghi sensibili, in particolare dei centri sanitari è stato certificato anche dal CTU del noto contenzioso che ha riguardato il distanziometro espulsivo o marginalizzante che dir si voglia della Provincia di Bolzano concepito da oltre 10 anni. Circostanza su cui tanto si è avuto modo di dire.
E poi c’è il tema pure richiamato in sentenza che la norma prevede il principio che dai distanziometri siano esentate le realtà preesistenti laddove viene precisato che restando “valide le autorizzazioni comunque concesse prima della data di entrata in vigore della presente disposizione”.
Ma il principio da solo non basta per una strategia concreta e consapevole e sostenibile di contrasto al DGA.
Non basta perché occorre che siano previsti anche ulteriori strumenti giuridici che consentano alle realtà preesistenti di permanere anche in caso di cambi di proprietà dell’azienda, cambi di rapporti concessori, rinnovi di concessioni o qualunque altro caso che presupponga la richiesta di nuove autorizzazioni amministrative ex art. 86 o 88 del Tulps ad esempio.
Non basta perché al principio della tutela delle realtà preesistenti va unito il principio che abbiamo definito di sopravvivenza dei luoghi autorizzati all’insorgenza nel tempo sui territori di luoghi sensibili a distanze vicine.

Conclusioni
Tutte queste contraddizioni, tutti questi cortocircuiti, tutte le indicazioni sulle relative norme, sentenze e atti amministrativi li abbiamo messi sul tavolo negli anni con le proposte di soluzione alla questione territoriale. E sono a disposizione di tutti.

Geronimo Cardia



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