22 Gen In altri Paesi dell’Unione la legittimità del distanziometro è stata sottoposta alla valutazione della Corte di Giustizia Europea. (Il distanziometro a processo in Europa, Gioconews – gennaio 2024)
In questo articolo evidenziamo la rivoluzionaria Ordinanza di un Giudice spagnolo che ha rimesso alla Corte di Giustizia Europea la valutazione della legittimità di un distanziometro perché incoerente con la normativa nazionale che regolamenta la distribuzione del gioco pubblico per raccogliere gettito erariale da emersione, perché sproporzionato nella misura e perché discriminatorio verso alcune tipologie di gioco. Evidenziamo anche la tempestività dell’iniziativa giudiziale spagnola rispetto a quanto sin ora “non” accaduto in Italia.
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Premessa
E’ stata formalizzata una pronuncia del Tribunale Superiore di Valencia che ha ritenuto di rinviare alla Corte di Giustizia Europea il distanziometro imposto dalla regolamentazione locale, con la richiesta di valutare la relativa conformità ai principi di proporzionalità e libertà di impresa previsti dalla normativa europea (cfr., in particolare, Tribunal Superior de Justicia de la Comunidad Valenciana, sez. IV, proc. n. 4/000369/2021, Ordinanza del 26.09.2023).
Il distanziometro tra punti e tra punti e scuole.
In questo caso, il distanziometro in questione è di duplice articolazione, posto che è concepito per essere anzitutto un distanziometro “tra punti di gioco”, che tra loro non possono trovarsi ad una distanza inferiore a 500 metri, e poi un distanziometro di punti di gioco “da una specifica tipologia luogo sensibile”, quella delle scuole che devono rimanere lontane almeno a 850 metri.
L’esigenza di rimessione alla Corte
Il giudice a quo spagnolo rileva in definitiva che si imponga un’analisi approfondita della legittimità della misura alla luce dei principi del diritto dell’Unione Europea, con particolare riferimento: (i) al principio di proporzionalità, sotto i diversi profili dell’idoneità, adeguatezza e necessità delle misure ed al loro carattere non discriminatorio; (ii) al principio di libertà d’impresa, di stabilimento e di accesso al mercato; (iii) al principio di unità del mercato e di trattamento uniforme, indipendentemente dal fatto che l’operatore economico sia pubblico o privato, vietando qualsiasi tipo di vantaggio che distorca la concorrenza; (iv) al divieto di discriminazioni, divieto di vantaggi che distorcano la concorrenza o implichino forme nascoste di monopolio di Stato.
La violazione del principio della coerenza dei vincoli imposti.
Nell’ordinanza si trova un’indicazione riferita al necessario presupposto della cosiddetta coerenza dei vincoli imposti.
In particolare, viene denunziato che “nella misura in cui le autorità di uno Stato membro inducono e incitano i consumatori a partecipare a lotterie, giochi d’azzardo e altri giochi di scommesse affinché l’Erario pubblico ottenga vantaggi economici, le autorità di detto Stato non possono invocare come motivo di ordine pubblico sociale la necessità di ridurre le opportunità di gioco per giustificare misure come quelle di cui trattasi nella causa principale”.
In altre parole, il Giudice spagnolo non ritiene accettabile un corto circuito istituzionale sul piano normativo tra il fatto, da un lato, di concepire un sistema che metta disposizione dei prodotti di gioco con lo scopo di recuperare a tassazione un gettito fiscale, aggiungiamo noi altrimenti sommerso, e, dall’atro, limitare lo stesso sistema per altri interessi pubblici, sociali. Come a dire che per la tutela di questi ulteriori interessi occorrono misure diverse dalla limitazione, misure diverse dai distanziometri. Occorrono, aggiungiamo noi, strumenti di prevenzione e contrasto che si rivelino in concreto efficaci per contrastare il disturbo da gioco d’azzardo.
La violazione della parità di trattamento con lo sversamento della domanda di gioco su altre tipologie di gioco non colpite dal divieto.
L’Ordinanza mette a segno inoltre un altro punto fondamentale, quello della necessità che sia verificato il principio di non discriminazione a cui devono attenersi tutte le Pubbliche Amministrazioni, peraltro di tutti gli Stati dell’Unione Europea.
In particolare, viene rilevato che da un siffatto distanziometro tale principio non risulta sufficientemente garantito poiché “sono previste restrizioni solo per le sale da gioco private ma non per quelle considerate pubblici esercizi (Lotterie di Stato, Totocalcio e scommesse sportive, ONCE…), che vengono inoltre liberati dalle limitazioni in materia di pubblicità e di controllo degli accessi a cui sono soggetti i primi”.
Ebbene secondo il Tribunale spagnolo le restrizioni in esame, non concepite per gli esercizi pubblici, presentano l’aspetto di distorcere la concorrenza, tendendo al monopolio statale dei giochi, promuovendo vantaggi ingiustificati per il settore pubblico, che procura ingenti entrate dirette per lo Stato a scapito della libertà di mercato, provocando perdite che complicano la sopravvivenza delle imprese private in questo settore dei servizi dell’economia, e danneggiano un’unità di mercato con pari condizioni nel trattamento degli agenti, scontrandosi con gli artt. 106.1 e 107.1 TFUE, nonché la libera circolazione dei beni e dei capitali su tutto il territorio dell’Unione Europea in considerazione delle limitazioni stabilite in materia di giochi d’azzardo.
La compromissione della libertà di stabilimento
In sostanza, si legge nel provvedimento, “la fissazione da parte dell’Amministrazione di distanze minime tra i locali in cui deve essere esercitata una determinata attività economica (nella specie, sale da gioco) costituisce, in linea di principio, una limitazione alla libertà di stabilimento; Pertanto, l’azione amministrativa limitativa deve (…) motivare, da un lato, che si tratta di limitazioni necessarie per salvaguardare qualche motivo di interesse generale e, dall’altro, che le limitazioni imposte sono proporzionate al motivo imperativo di interesse generale invocato”.
La violazione del principio della proporzionalità
Il Tribunale di Valencia, inoltre, indica espressamente che, dal punto di vista della proporzionalità, adeguatezza, e necessità delle misure, le medesime risultino incompatibili con i suddetti principi laddove sono già previsti da altre disposizioni ulteriori limiti meno restrittivi ma che possano ritenersi ugualmente idonei ed efficaci per la tutela dei consumatori ed in particolare dei minori. Tra questi si vedano: (i) il divieto di accesso e di partecipazione da parte di minori, persone legalmente inabili da sentenza passata in giudicato, amministratori di enti sportivi e arbitri di attività sulle quali si effettuano scommesse, amministratori e azionisti di società di scommesse, persone portatrici di armi, persone iscritte nell’Anagrafe degli esclusi dall’accesso al gioco; (ii) il divieto di pubblicità, promozione o sponsorizzazione e di qualsiasi tipo di promozione commerciale, anche telematica attraverso reti di comunicazione sociale, nonché la promozione del gioco all’esterno dei locali, la pubblicità statica sulle strade pubbliche e sui mezzi di trasporto , manifesti o immagini su qualsiasi supporto.
Pertanto, evidenzia la Corte, la necessità di “duplicare” le suddette misure restrittive già esistenti non è ritenuta opportuna quando le stesse siano giudicate idonee a raggiungere gli obiettivi prefissati dalla norma, ed essendo ritenute meno dannose e più tolleranti dei principi di libertà di impresa, di stabilimento e di accesso al mercato ed esercizio di attività che si vuole preservare attraverso i precetti del diritto dell’Unione Europea che li privilegiano.
Conclusioni
In conclusione, con l’Ordinanza si dispone di sottoporre alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, le questioni pregiudiziali relative ai servizi nel settore dei giochi in interpretazione degli articoli 26, 49 e 56 TFUE.
Peraltro, la stessa Ordinanza suggerisce delle riflessioni sul piano nazionale.
Anzitutto si nota come il sistema dei distanziometri preveda criteri distanziali “tra punti di gioco”, che come analizzato in altre circostanze sembrano ricalcare sistemi di presidio dei territori applicati anche in Italia ma in altri settori quali ad esempio quelli dei tabacchi. Un sistema di distanze “tra punti gioco” eliminerebbe quantomeno il tema che oggi paralizza le gare per l’assegnazione delle nuove concessioni in Italia che è quello dei distanziometri espulsivi perché eccessivi nella metratura e nell’individuazione delle tipologie di luoghi sensibili.
Successivamente balza all’occhio che il distanziometro “da luoghi sensibili” spagnolo è in realtà quantomeno riferito ad una sola tipologia di luoghi sensibili, quella delle scuole, che tra tutte le altre che si trovano invece in Italia sembrerebbe la più attendibile (si pensi agli altri casi estremi di tipologie di luoghi sensibili delle fermate degli autobus o dei cimiteri).
Inoltre, non sfugge che il Giudice spagnolo oltre al tema della coerenza e della proporzionalità della restrizione, ponga altresì un’esigenza di valutazione complessiva del fenomeno delle limitazioni di distribuzione imposte alle diverse tipologie di gioco regolamentate dallo Stato. Ed il Giudice si spinge anche a ritenere illegittime tali riduzioni mirate, giungendo ad affermare che esse sono in grado di determinare effetti distorsivi sul mercato.
Infine, se per il caso spagnolo ovviamente ora la parola spetta alla Corte Europea, l’ultima circostanza che non sembra sottrarsi all’attenzione del lettore è quella relativa alla tempestività della reazione del potere giudiziale spagnolo rispetto alla data di concepimento del distanziometro (nel caso in esame il decreto impugnato è del 2021 in attuazione dei una norma del 2020). In Italia i primi distanziometri espulsivi sono stati concepiti sin dal 2011 senza che, ad oggi, alcuna rimessione per il tema dell’effetto espulsivo sia stata ancora disposta da alcun giudice a quo.
Geronimo Cardia