10 Mag Il criterio della misurazione delle distanze (percorso pedonale o raggio di interdizione) e l’individuazione in concreto dei punti che rappresentano luoghi sensibili. GERONIMO CARDIA (Pressgiochi, Maggio – giugno 2023)
In questo articolo, partendo da una recente sentenza che riguarda il territorio di Trento prendo in esame due aspetti troppo spesso non considerati dalla giurisprudenza. Il primo riguarda il criterio di calcolo della distanza: come può essere ritenuto adatto allo scopo il criterio del raggio aereo al posto del criterio del percorso pedonale se si pretende di tutelare gli utenti con le distanze, posto che gli utenti non volano ma camminano? Il secondo attiene all’esatta individuazione in concreto dei punti riconducibili alle categorie di luoghi sensibili: come è possibile calcolare l’effettivo territorio vietato appiattendosi sulle ricostruzioni fatte dagli enti locali che sostengono proprio la mancanza di un effetto in concreto espulsivo?
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La sentenza
Insieme ad altre, è stata emessa recentemente la sentenza di merito del Tar Trento 52/2023 relativa al giudizio 144/2022.
Il giudizio fa parte di quelli nell’ambito dei quali il Consiglio di Stato ha ritenuto (prima con decreto monocratico poi con ordinanza) di gestire i procedimenti assicurando ai ricorrenti la tutela cautelare e dunque di rinviare le chiusure per il tempo necessario per la gestione del contenzioso.
Lo si ricorderà, da detta pronuncia è poi scaturita una valutazione dell’amministrazione che di fatto ha consentito all’intero comparto del gioco pubblico di tornare in esercizio per l’intero periodo di esecuzione del giudizio.
Ora la sentenza di merito è di rigetto e con essa viene meno l’effetto della richiamata tutela cautelare, fatte salve le ipotesi di impugnazione al Consiglio di Stato con relative richieste di tutela cautelare.
Ciò detto, nell’ambito della sentenza di rigetto in commento sono diversi i passaggi che si colgono e che possono ritenersi non condivisibili. Per economia espositiva se ne affronterà qui solo qualcuno.
L’individuazione del criterio per la misurazione delle distanze
In primo luogo, va ricordato che negli atti dei procedimenti del Tar e del Consiglio di Stato è possibile rinvenire da parte dei relativi estensori un interesse ad indagare altresì in merito alla legittimità del criterio prescelto dalla Provincia di Trento per misurare le distanze che si ricorderà avviene in questo caso con il raggio e non con il percorso pedonale.
Ciò ha fatto presagire che una valutazione sulla legittimità e congruità del criterio sarebbe potuta essere oggetto di attenzione anche dal CTU incaricato dal Tar oltre che dallo stesso Tar nell’ambito della sentenza merito.
Al riguardo si ricorderà che il criterio del raggio sul territorio della Provincia di Trento, a differenza di tanti casi di leggi regionali o provinciali, non è un criterio espressamente previsto dalla legge che ha istituito il distanziometro. Ma è un criterio di applicazione delle distanze prescelto con un provvedimento amministrativo della provincia stessa (Circolare 21 settembre 2016).
Questo è un aspetto più rilevante di quanto possa sembrare, posto che il sindacato di legittimità su una circolare amministrativa, con il conseguente giudizio di eventuale annullamento, è da ricondursi all’ambito delle competenze del Tribunale al quale, invece, spetta solo una valutazione di eventuale non manifesta infondatezza delle questioni sollevate dai ricorrenti in relazione provvedimenti legislativi, il cui sindacato come è noto spetta alla Corte Costituzionale.
Affrontare una volta per tutte il tema del percorso pedonale in luogo della misurazione del raggio non risolverebbe certamente tutti i problemi dei distanziometri espulsivi ma quantomeno consentirebbe di accedere a valutazioni che rispondano a criteri di logicità, ragionevolezza della misura contestata. Se, infatti, l’intero impianto delle distanze viene imposto agli operatori affermando che lo stesso è finalizzato a tutelare i soggetti vulnerabili che graviterebbero attorno a luoghi sensibili (anche se così non è per tutta una serie di ragioni che qui non si riepilogano), è di tutta evidenza che comunque i soggetti vulnerabili non volano (circostanza che legittimerebbe l’applicazione del criterio del raggio aereo) ma camminano. Anche per tale semplice e banale ragione ecco che si palesa l’ulteriore incongruenza dell’adozione del criterio del raggio che, per quanto detto, non è un criterio in linea con le esigenze poste dalla norma stessa.
L’individuazione dei punti sulla base delle tipologie di luoghi sensibili indicate dalla legge provinciale.
L’altro aspetto su cui vi era molta aspettativa era quello relativo alla corretta individuazione dei punti sul territorio in applicazione dei criteri forniti dalla legge provinciale che, come sostanzialmente tutte le leggi regionali e provinciali, elenca una serie di tipologie di luoghi ritenuti sensibili, specificandone la natura, che poi uno per uno vanno in concreto riconosciuti sul territorio tra tutti quelli esistenti.
Ed infatti, al riguardo, il tema proposto dai ricorrenti era semplicemente che, nella fase attuativa della ricerca in concreto dei punti, il Comune non ne avesse in realtà considerati diversi nell’elenco proposto agli operatori. Circostanza, questa, in grado, da un lato, di non dare certezza al diritto alle installazioni e, dall’altro, di non consentire un giudizio completo sulla reale misura di interdizione del territorio comunale denunziata e da misurare nella CTU.
Per queste ragioni, anche in questo caso, ci si attendeva sia dal Tar che dal CTU un’analisi puntuale per l’individuazione dei luoghi anche in considerazione del fatto che il provvedimento in questione che li ha previsti è un provvedimento amministrativo del Comune (e come tale valutabile dal Tar) e non anche un provvedimento legislativo che richieda come sopra ricordato la valutazione di non manifesta infondatezza prima ed il vaglio della Corte Costituzionale poi.
Provvedimenti “inoppugnati”?
Ebbene, sul punto il Tar nella sentenza ha tenuto a dedicare a questi due aspetti un passaggio che va rilevato secondo cui “il contestato provvedimento di rimozione, è stato adottato in pedissequa coerenza con le citate disposizioni di legge provinciali e sulla base
[i] dell’inoppugnata deliberazione consiliare di data 8 marzo 2017 n. 32 con cui il Comune di Trento ha provveduto alla mappatura dei luoghi sensibili, nonché
[ii] delle indicazioni interpretative fornite dalla Provincia nella circolare di data 21 settembre 2016, analogamente rimasta inoppugnata e nella quale si precisa come effettuare la misurazione della distanza dai luoghi e si specifica quali strutture vanno escluse dal concetto di “luogo sensibile”
Il tutto, unitamente alle parole espresse nei confronti dell’elaborato peritale, come a dire che non vi sono presupposti per annullare il provvedimento di rimozione (che in realtà tra l’altro si sostanzia in provvedimento di chiusura), posto che lo stesso è stato adottato sulla base dei due provvedimenti richiamati del Comune il primo e della Provincia il secondo che tuttavia non sarebbero stati impugnati.
In realtà, nel giudizio sollevato dai ricorrenti l’oggetto di impugnazione non era solo il provvedimento di chiusura ma anche “ogni altro atto relativo, presupposto e conseguente, individuato ed individuabile” compresi dunque proprio di due provvedimenti sopra richiamati.
Geronimo Cardia