17 Gen Bolzano: due errori del giudizio di revocazione sul distanziometro. GERONIMO CARDIA (PRESSGIOCHI GENNAIO-FEBBRAIO 2023)
E’ cosa nota che a fine novembre scorso si sia chiuso il lungo capitolo dei contenziosi giunti al giudizio di revocazione sul distanziometro della Provincia di Bolzano che impegnava alcune sale dal 2016, quando entrò in vigore anche per loro, che erano pre-esistenti, la norma che le trovò tutte collocate in zone vietate dei vari territori comunali interessati. Le sale sono rimaste aperte in tutto questo tempo, beneficiando delle sospensive cautelari riconosciute sia in primo grado innanzi al Tar, sia in secondo grado innanzi al Consiglio di Stato, sia in occasione del terzo giudizio di revocazione appena concluso.
In particolare, detto giudizio si è concluso il 31/11/2022, con le sentenze numero 10322 (RG 4115/2019), 10323/2022 (RG 4067/2019), 10324 (RG 4062/2019), 10366 (RG 4044/2019), con cui sono state rigettate le istanze di revocazione della sentenza del Consiglio di Stato – SEZ. VI n. 1618/2019 resa tra tutte le parti all’epoca riunite in un unico giudizio.
Nella seconda sentenza citata, in particolare relativa ad un ricorrente interveniente, viene indicato chiaramente che le divergenze tra le valutazioni della sentenza impugnata e la CTU raccolta nell’istruttoria del medesimo giudizio rientrano nel potere del Giudice, purché adeguatamente motivate. Il punto è che i ricorrenti avevano proposto una riflessione su errori con i presupposti revocatori che a loro dire avrebbero portato il Giudice a fornire una non adeguata motivazione della denunziata divergenza.
Per questo di seguito si ripercorrono sia i presupposti di legge della revocabilità che a seguire i due errori denunziati che a parere di chi scrive ben potrebbero essere rivalutati in tutte le loro caratteristiche nei giudizi che eventualmente potranno seguire.
I presupposti per la revocabilità
Va premesso che i presupposti per la revocabilità della sentenza sono quelli definiti ai sensi del combinato disposto degli artt. 106 c.p.a. e 395 n. 4 c.p.c.
In particolare, l’art. 395 c.p.c. al punto 4) chiarisce espressamente che le sentenze pronunciate in grado d’appello possono essere impugnate per revocazione “se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa”.
L’ errore di fatto idoneo a fondare la domanda di revocazione ai sensi delle norme citate deve rispondere a determinati requisiti, ed in particolare deve: (i) derivare da un’errata od omessa percezione del contenuto degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, supponendo l’esistenza di un fatto la cui verità è esclusa ovvero considerando inesistente un fatto documentale provato (Cass. 16 settembre 2016 n. 16845); (ii) attenere ad un punto non controverso del giudizio; (iii) costituire un elemento decisivo della decisione da revocare (Cass. SU 23 gennaio 2009 n. 1666, Cass. 18 febbraio 2009 n, 3935); (iv) essere evidente ed oggettivo, quindi di immediata e semplice rilevabilità (Cass. 13 agosto 2015 n. 16845); (v) avere carattere autonomo, ossia incidere direttamente sulla sentenza di cui si riciede la revocazione (Cass. 16 settembre 2016 n. 18251).
In sostanza la norma richiede, ai fini della ricorribilità per revocazione, che siano emerse nel giudizio due diverse rappresentazioni della medesima circostanza, derivanti rispettivamente dalla sentenza impugnata, da un lato, e dagli atti processuali, dall’altro. In particolare, per il Cons. Stato, IV, 14 maggio 2015, n. 2431 e Cass. Civile sez. II 25 maggio 2015 n.10749 “perché sussista detta contraddittorietà tra il dato esistente in atti e quello preso in considerazione dal giudice, occorre che l’informazione probatoria sia decisiva, ovvero, capace da sola di portare a rovesciare i contenuti della decisione”. Inoltre, per la Cass., sez. I, 25 maggio 2015, n. 10749 “Il vizio di travisamento della prova può ritenersi integrato quando l’informazione probatoria riportata in sentenza sia contraddetta da uno specifico atto processuale e purché la stessa riguardi un fatto decisivo della controversia.
E’ quindi revocabile la sentenza “basata su affermazioni contrastanti con gli atti del processo e frutto di errore di percezione o di una svista materiale degli atti di causa” (Cass. 29 luglio 2011 n. 16777). Peraltro, secondo il Consiglio di Stato Ad. plenaria n. 1/2013 del 10.1.2013 “L’errore di fatto revocatorio si sostanzia quindi in una svista o abbaglio dei sensi che ha provocato l’errata percezione del contenuto degli atti del giudizio (ritualmente acquisiti agli atti di causa), determinando un contrasto tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto, l’una emergente dalla sentenza e l’altra risultante dagli atti e documenti di causa: esso pertanto non può (e non deve) confondersi con quello che coinvolge l’attività valutativa del giudice, costituendo il peculiaremezzo previsto dal legislatore per eliminare l’ostacolo materiale che si frappone tra la realtà del processo e la percezione che di essa ha avuto il giudicante, proprio a causa della svista o abbaglio dei sensi (C.d.S., sez. III, 1° ottobre 2012, n. 5162; sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 587; 1 dicembre 2010, n. 8385). Pertanto, (…) l’errore di fatto revocatorio è configurabile nell’attività preliminare del giudice di lettura e percezione degli atti acquisiti al processo”.
La giurisprudenza precisa inoltre che costituisce motivo di revocazione, e non di ricorso per cassazione anche laddove esperibile, la denuncia del travisamento di un fatto che sarebbe stato affermato in contrasto con la prova acquisita, comportando tale circostanza un accertamento di merito non consentito in sede di legittimità.
Ebbene, per giurisprudenza pacifica, integra l’errore di fatto ai fini della ricorribilità tramite revocazione il travisamento, da parte del Giudice, delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio (Cass. 17 maggio 2012 n. 7772, Cass. 22 marzo 2005 n. 6198).
In definitiva il ricorrente aveva ritenuto di chiedere la revocazione a causa di due ritenuti errori di fatto consistenti nel travisamento della consulenza tecnica d’ufficio elaborata nel giudizio oggetto di revocazione. Tali travisamenti avrebbero, infatti, indotto il Giudice a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto.
Il primo errore rappresentato.
La sentenza impugnata con il giudizio di revocazione afferma che risulta “assodato” che spostare in periferia l’offerta di gioco e le sale significhi tutelare tutti i giocatori razionali, sebbene il CTU evidenzi l’immunità dal rischio per tali soggetti e specifichi che il distanziometro rischia di essere contro lo scopo perché marginalizza e favorisce la compulsività degli utenti (problematici e patologici). Inoltre, quando afferma che il distanziometro espulsivo (o marginalizzante) che sposta tutto in periferia è un utile distanziometro perché salvaguarda tutti i giocatori razionali (togliendo dalla loro vista la disponibilità dell’offerta), la sentenza impugnata non considera che, azzerando l’offerta di gioco pubblico nel centro e marginalizzandola in periferia, sarebbero forse salvaguardati solo i pochi utenti razionali del centro ma sicuramente non i ben più numerosi utenti razionali delle periferie.
Peraltro, la sentenza non considera che il giocatore razionale che vive in centro ha comunque continue occasioni di gioco, in primo luogo tramite il gioco on line non soggetto alle medesime restrizioni o il gioco illegale comunque esistente, ed inoltre potendo scegliere di allontanarsi dalla propria abitazione per spostarsi in periferia e giocare fuori dagli occhi indiscreti dei concittadini residenti in centro.
A tale riguardo sono i numerosi gli studi scientifici che confermano tale problematica.
In sostanza la sentenza, scegliendo consapevolmente di discostarsi dalla letteratura scientifica, giunge a valutazioni diametralmente opposte rispetto a quelle operate dal CTU pur tentando di trovare un appiglio tra i ragionamenti di quest’ultimo. Peraltro colpisce quanto la stessa sentenza non qualifichi il proprio ragionamento “adeguatamente sostenibile” ma solo “non implausibile”.
La realtà è che il distanziometro sostanzialmente espulsivo perché viziato da errore tecnico non dissuade né cura, da un lato, e addirittura penalizza, dall’altro. Sono necessarie quindi nuove e diverse strategie preventive, supportate da studi scientifici che ne valutino l’adeguatezza, per poter arrivare ad un’offerta moderata, sana e capillare, unita ad una forte azione di prevenzione per tutti gli utenti ed un’efficace azione per quelli problematici e patologici, siano essi del centro che delle periferie delle città.
E dunque, l’affermazione proposta dalla Sentenza secondo cui è “assodato” che spostare in periferia l’offerta di gioco significa salvaguardare tutti i giocatori razionali, oltre a contenere un errore in re ipsa poiché in realtà in questo modo vengono evidentemente tutelati solamente i (pochi) utenti cittadini razionali del centro e non anche i (ben più numerosi) utenti cittadini razionali delle periferie, rappresenta un travisamento centrale della CTU.
Inoltre, a dire del ricorrente interveniente ricorrono tutti singoli presupposti per la revocazione della Sentenza con riferimento al travisamento in esame:
(i) Il travisamento descritto deriva da un’errata percezione di un fatto oggettivo. Nella Sentenza vi è l’errata percezione che tutti i giocatori razionali vivano in centro e non anche nelle periferie e che, dunque, dello spostamento delle sale in periferia possano beneficiare tutti i giocatori razionali. In realtà è un fatto oggettivo che nelle periferie vivano i giocatori razionali delle periferie (ben più numerosi per la nota maggiore densità abitativa delle periferie) e che questi si troveranno ad incontrare le sale spostate dal centro.
(ii) L’errore attiene ad un punto non controverso. Ed infatti, oggetto della decisione non era la circostanza se la tutela fosse da assicurare solo ad alcune tipologie di utenti (razionali o problematici o patologici) ovvero solo in alcune zone (del centro o della periferia). Il punto controverso è un altro e riguarda il fatto se esiste un divieto sostanzialmente assoluto o no e se questo sia presupposto per ritenere non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate tra cui quella relativa alla violazione del diritto alla salute, posto che la norma è certificata dal CTU come contro lo scopo (di tutela della salute appunto).
(iii) L’errore, inoltre, costituisce un elemento decisivo, in quanto costituisce il perno centrale del ragionamento della Sentenza che ha portato a ritenere ben fatto il distanziometro della Provincia di Bolzano. Nella Sentenza, con il fatto errato, ma richiamato come dato assodato (i.e. spostando le sale in periferia si tutelano tutti i giocatori razionali), si legittima la norma di riferimento, si dà dignità alla sostanziale espulsione definendola marginalizzazione in periferia, si passa sopra l’incertezza irredimibile della individuazione dei luoghi sensibili denunziata, si giustifica la penalizzazione dei giocatori problematici e patologici (che anzi sono chiamati dalla Sentenza a finanziare lo spostamento delle sale con le loro maggiori giocate), si smentisce il fatto denunciato dal CTU che la norma finisca per essere contro lo scopo, si travisa in sostanza ogni denunzia avanzata dal CTU, si rigettano i ricorsi.
(iv) L’errore costituisce, altresì, una circostanza evidente ed oggettiva. La sentenza sbaglia a ritenere che spostando le sale in periferia si tutelino tutti i giocatori razionali della città, poiché è evidente ed oggettivo che nelle periferie esistano utenti e cittadini e che pertanto i giocatori razionali delle periferie, invece, si trovino ad incontrare le sale spostate dal centro.
(v) L’errore, infine, ha carattere autonomo, in quanto incide direttamente sulla sentenza in cui viene operata erroneamente la valutazione della manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate.
Il secondo errore rappresentato.
La sentenza impugnata nel giudizio di revocazione nella parte in cui afferma che le sale possano spostarsi in periferia senza problemi, motiva il tutto affermando che “la distanza degli esercizi dal baricentro dei vari comuni non costituisce un fattore incidente sulla capacità complessiva di raccolta degli esercizi medesimi” posto che “la spesa complessiva destinata ai diversi prodotti di gioco è molto più elevata nel caso di giocatori problematici e patologici (…) molto più propensi allo spostamento verso i nuovi siti (…), e che, per altro verso, la specializzazione dell’offerta sulle categorie dei giocatori ad elevato rischio è più redditizia per le imprese offerenti”.
Nella parte conclusiva la stessa sentenza precisa però anche che “Né le considerazioni innanzi svolte [secondo cui il distanziometro funziona] possono ritenersi infirmate dalle osservazioni del c.t.u. per cui la contrazione dei segmenti di domanda da servire porterebbe inevitabilmente gli operatori degli esercizi dedicati a concentrare le proprie strategie commerciali verso i giocatori non occasionali, disposti a spostarsi per soddisfare il proprio bisogno di giocare, talché, nel breve termine, la raccolta di gioco relativa ai giocatori patologici o problematici, ovvero relativa a coloro che si caratterizzano per profilo di rischio moderato e/o severo, non dovrebbe subire per il complesso delle sale ubicate nel territorio provinciale variazioni significative, poiché tali consumatori, per i meccanismi sottesi alle dipendenze, sarebbero disposti a spostarsi anche di molto al fine di soddisfare il bisogno di gioco, con il conseguente rischio di una concentrazione delle strategie degli operatori verso i giocatori problematici con la finalità di attirarne un maggior numero all’interno delle sale e con la possibilità che una parte più o meno ampia di questi possa aggravare il proprio comportamento di gioco nella direzione dello sviluppo di una reale dipendenza patologica. Trattasi, invero, di effetti negativi nel breve periodo, da affrontare in un momento successivo con interventi adeguati incentrati sulle categorie dei giocatori problematici, mentre nella presente sede appare dirimente la non implausibile efficacia preventiva sulle categorie dei giocatori sociali/occasionali e delle fasce giovanili, onde impedirne un’evoluzione in senso patologico nel comportamento di gioco”.
In questo caso, dunque, affermare che le sale del centro possano spostarsi nelle periferie senza problemi e possano sopravvivere ed esistere, dunque per sempre, grazie ai maggiori ricavi assicurati dai giocatori problematici e patologici, rappresenta un travisamento della CTU che invece chiarisce che l’apporto dei maggiori ricavi dei giocatori problematici e patologici si esaurisca nel breve periodo, come peraltro richiamato dalla sentenza in un successivo passaggio.
Quel che rileva ai fini della revocazione è, poi, quanto di seguito specificato.
(i) Il travisamento descritto deriva da un’errata percezione di un fatto oggettivo. Nella Sentenza vi è l’errata percezione che i maggiori ricavi dei giocatori patologici e problematici possano essere registrati per sempre quando invece è oggettivo che le sale possano contare su tali maggiori ricavi solo per il breve periodo.
(ii) Peraltro, l’errore riguarda un punto non controverso. Ed infatti, nessuno ha sostenuto che il pregiudizio in capo ai soggetti problematici o patologici in sale spostate in periferia potesse essere di lungo periodo.
(iii) L’errore costituisce, altresì, una circostanza evidente ed oggettiva. L’evidenza dell’errore è certificata dalla Sentenza stessa che, nella parte inziale, presuppone l’esistenza di un pregiudizio persistente in capo ai giocatori problematici e patologici idoneo ad assicurare la sopravvivenza alle sale spostate, mentre, nella parte finale, nel dare un giudizio positivo al distanziometro ha precisato che un pregiudizio in capo ai giocatori problematici e patologici sia di mero breve periodo.
(iv) L’errore, inoltre, rappresenta un elemento decisivo, in quanto costituisce il perno centrale del ragionamento della Sentenza che ha portato a ritenere ben fatto il distanziometro della Provincia di Bolzano. Nella sentenza, infatti, ritenendo possibile e sostenibile lo spostamento delle sale senza conseguenze sulla sopravvivenza, si legittima la norma di riferimento, si dà dignità alla sostanziale espulsione definendola marginalizzazione in periferia, si passa sopra l’incertezza irredimibile della individuazione dei luoghi sensibili denunziata, si smentisce il fatto che la norma finisca per essere contro lo scopo, si travisa in sostanza ogni denunzia avanzata dal CTU, si rigettano i ricorsi.
(v) L’errore, infine, ha carattere autonomo, in quanto incide direttamente sulla valutazione della manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate.
Anche tale errore, come il precedente, sarebbe di per sè sufficiente a legittimare la revocazione in quanto si configura come un vero e proprio abbaglio dei sensi
Conclusioni
Ciò detto, vi sarà modo nei contenziosi a venire di proporre ai Giudici del merito non solo le divergenze in commento (ovviamente a prescindere dal fatto se esse integrino o meno i presupposti revocatori) ma manche tutte le altre proponibili in una legittima rivalutazione delle conclusioni dell’arresto giurisprudenziale richiamato, affinché possa finalmente addivenirsi ad una rilettura del merito della vicenda per la valutazione della non manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate.
Geronimo Cardia