MEGLIO TARDI CHE FUORI “Un altro revirement responsabile del territorio per evitare le conseguenze dannose dei distanziometri espulsivi che non assicurano il contrasto al disturbo da gioco d’azzardo” Geronimo Cardia (Gioconews, ottobre 2020)

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Un altro revirement responsabile del territorio per evitare le conseguenze dannose dei distanziometri espulsivi che non assicurano il contrasto al disturbo da gioco d’azzardo.

Forse non tutti sanno che poche settimane fa, addirittura tra i giorni concitati del lockdown e della sua cessazione per il comparto del gioco pubblico, in Trentino gli enti del territorio in applicazione delle leggi provinciali col distanziometro espulsivo hanno prima chiesto agli operatori di rimuovere entro agosto 2020 gli apparecchi dalle sale e poi, in prossimità della scadenza, cambiato idea rinviando la misura al 2022.    E’ vero che il problema è rimasto impregiudicato per gli esercizi cosiddetti generalisti ma, per le sale, ci sono elementi per dire che si tratta di un altro revirement virtuoso da registrare da parte di enti del territorio che, assunta la consapevolezza dell’impatto della misura del distanziometro espulsiva (più o meno ammessa), di fatto, per una ragione o per un’altra finiscono per rinviare l’applicazione dell’espulsione delle realtà esistenti.

Ma vediamo in particolare questa volta cosa è successo riguardo alla verticale distributiva accennata.

Ad aprile alla sostanziale totalità degli operatori del territorio viene notificato un avviso di rimozione apparecchi (anche) dalle sale con il quale il Comune di Trento: (i) ricorda la scadenza stabilita dall’art. 5 della Legge Provinciale per la rimozione degli apparecchi collocati ad una distanza inferiore a 300 metri dai luoghi sensibili, indicando i seguenti “limiti temporali”: “1. 12 agosto 2020: per gli apparecchi collocati in esercizi diversi dalle sale da gioco; 2. 12 agosto 2022: per gli apparecchi collocati in sale da gioco”; (ii) invita a controllare autonomamente l’esistenza del presupposto territoriale per la rimozione degli apparecchi utilizzando la cartografia della piattaforma informatica all’uopo allestita dal Comune; (iii) precisa che sono “soggetti all’imminente scadenza del 12 agosto 2020”, tra gli altri, gli “esercizi pubblici in possesso di licenza ai sensi dell’articolo 88 del t.u.l.p.s. (a titolo esemplificativo, sale scommesse e sale bingo)”.

Nel far ciò il Comune richiama espressamente la Nota della Provincia di Trento in cui si afferma che per “sale da gioco” (alle quali in realtà il dato testuale riserverebbe invece l’obbligo di rimozione nel successivo termine del 12 agosto 2022) si debbano intendere solo “gli esercizi in possesso di licenza ai sensi dell’art. 86 comma i del t.u.l.p.s. rilasciata espressamente per attività di sala gioco, ove il gioco ha dunque carattere prevalente” e non, invece, le Sale Scommesse, le Sale Bingo e Sale Slot o dedicate che dir si voglia (nonostante in esse l’attività di gioco risulti altrettanto prevalente).  Queste ultime vengono invece inspiegabilmente assimilate agli esercizi c.d. generalisti come bar e tabacchi in cui l’attività di gioco si palesa pacificamente non prevalente (e per i quali tuttavia andrebbe eccepita l’illegittimità del distanziometro espulsivo, ma questa è un’altra storia).

Gli operatori si affrettano a questo punto a precisare che: (i) per interpretare la locuzione “sale da gioco” appare necessario “affidarsi ai normali criteri interpretativi di legge e alle disposizioni già esistenti che trattano la materia”; (ii) non risulta condivisibile l’interpretazione fornita dalla Nota della Provincia di Trento, quando invece occorre ricomprendere in tale definizione tutti gli esercizi in cui si effettua in via esclusiva l’attività di raccolta del gioco lecito come ad esempio espressamente stabilito in decreti dell’Amministrazione vigilante;  (iii) non si comprende la differenziazione operata all’interno delle categorie di sale dalla Nota in questione.

Tra l’altro tutti gli operatori del comparto radicati sul territorio: (i) verificano sulla piattaforma di trovarsi su aree interdette a causa della natura espulsiva del distanziometro concepito dalla norma provinciale per le note problematiche urbanistiche che finiscono per vietare la sostanziale totalità del territorio; (ii) si convincono di ciò per i risultati di perizie urbanistiche aggiornate da cui emerge che per la numerosità dei luoghi sensibili individuati e/o per l’ampiezza del raggio di divieto, la percentuale di interdizione rilevata applicando il distanziometro è addirittura oltre il 96%, senza contare le difficoltà di insediamento nel residuale 3% di spazio, con ciò determinando di fatto un divieto sulla sostanziale totalità del territorio comunale;   (iii) comprendono quindi di non potersi neanche delocalizzare in alcun posto concretamente non interdetto e cominciano a valutare ed a rappresentare convintamente sia l’aspetto dell’illegittimità del provvedimento per tale ultimo aspetto, sia per l’incongruenza inflitta alle sale ex art. 88 rispetto alle sale ex art. 86 Tulps.

In sostanza gli operatori, oltre al tema noto dell’illegittimità dell’espulsione per l’errore tecnico che vizia anche il distanziometro in questione, non condividono la valutazione del Comune che fa propria l’interpretazione fornita dalla Nota della Provincia di Trento secondo cui nella definizione di sale da gioco rientrerebbero solamente “gli esercizi in possesso di licenza ai sensi dell’art. 86 comma i del t.u.l.p.s. rilasciata espressamente per attività di sala gioco, ove il gioco ha dunque carattere prevalente” e non invece, tra gli altri, “gli esercizi pubblici in possesso di licenza ai sensi dell’articolo 88 del t.u.l.p.s. (a titolo esemplificativo, sale scommesse e sale bingo)” perché contraddittoria con la ratio stessa della norma provinciale che ha voluto evidentemente distinguere le “sale da gioco” dagli “altri” esercizi in cui sono installati apparecchi e perché  in contrasto con i criteri interpretativi di legge e con le specifiche disposizioni in materia anche regolamentari.

Tra l’altro, secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, “affinché sia rispettato il principio della parità di trattamento, nonché l’obbligo di trasparenza che ne costituisce il corollario, un regime di autorizzazione dei giochi d’azzardo deve essere fondato su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, così da circoscrivere sufficientemente l’esercizio del potere discrezionale delle autorità, di modo che non se ne abusi” (cfr., in particolare Sentenza della Corte di Giustizia C 470/11 del 19.07.2012).

Altro aspetto pure sollevato è quello della violazione del legittimo affidamento. Ed infatti, l’erronea interpretazione della categoria di “sale da gioco” e l’accertamento dell’obbligo di rimozione unito all’impossibilità di spostamento si palesano ancor più nel loro combinato disposto di fatto espulsivo in contrasto con il principio del cosiddetto “legittimo affidamento” sulla conservazione dei diritti dell’impresa, che viene espressamente definito anche come “parte dell’ordinamento giuridico comunitario” dalla Corte di Giustizia (sentenza 3 maggio 1978, in causa 112/77 e sentenza 30 novembre 1983, in causa 353/82).  La Corte di Giustizia non manca di affermare che “il diritto di avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento si estende ad ogni individuo in capo al quale un’istituzione comunitaria abbia fatto sorgere fondate speranze a causa di assicurazioni precise che gli avrebbe fornito”, esattamente come gli incaricati di pubblico servizio quali gli operatori del gioco pubblico sono come il Ricorrente (cfr., in particolare, Corte di Giustizia sez. III n. 519 del 17.9.2009).

Secondo l’orientamento della Corte, appare evidente che qualsiasi provvedimento della p.a., e/o qualsiasi legge successiva, modificativo di interessi patrimoniali del singolo che siano fondati su una aspettativa legittima, è suscettibile di costituire violazione della proprietà di tale soggetto, il cui sacrificio, per essere accettabile, va valutato nell’ambito di una operazione di bilanciamento con gli interessi generali che con quel provvedimento modificativo si intendono tutelare e/o promuovere. Ed ancora la Corte di Strasburgo ha fatto più oltre riferimento al criterio della legittima aspettativa (che qui si invoca come legittimo affidamento) al fine di considerare un valore patrimoniale come facente parte del patrimonio del singolo.

In generale, il criterio del legittimo affidamento attribuisce rilievo alla circostanza che il singolo possa ragionevolmente aspettarsi, in virtù dello stato di legislazione interna, di veder concretizzato un certo valore patrimoniale calcolato all’inizio, alla stipula delle concessioni e dei relativi contratti, presupposti per la realizzazione di ingenti investimenti all’uopo necessari.

L’espulsione ancorché di fatto e non indicata chiaramente come misura voluta è, inoltre, palesemente sproporzionata ed in contrasto con l’art. 1 prot. 1 della CEDU, che tutela i diritti di aspettativa economica, risolvendosi in una sorta di “esproprio” illegittimo di diritti economici, non accompagnato da alcun indennizzo, rilevante anche ai sensi dell’art. 42 Cost. (cfr., in particolare, sentenze Tre Traktorer/Svezia del 1989, Pine Valley/Irlanda del 1991, Oneryildiz/Turchia del 2002, in cui la Corte qualifica la posizione dei ricorrenti proprio come aspettativa legittima).

Peraltro, la stessa giurisprudenza della Corte Costituzionale ha insegnato come la (pur possibile) retroattività (ovvero applicazione ex novo di una normativa sopravvenuta a situazione preesistenti e diversamente regolate) incontri un limite nei principi di eguaglianza e ragionevolezza, stigmatizzandosi norme di legge che incidono in modo irragionevole sul legittimo affidamento nella sicurezza giuridica, che costituisce elemento fondamentale dello Stato di diritto (Corte Cost. n. 209 dell’11.6.2010), citata in una pronuncia del Consiglio di Stato in materia di Giochi, sia pure per questioni non equivalenti (cfr., in particolare, CDS Ordinanza n. 4681 del 23.9.2013).

La rappresentazione di tali circostanze anche in sede di audizione presso la Commissione legislativa permanente competente, unitamente allo svolgimento di ulteriori approfondimenti di carattere tecnico, sono state utili per vedere accolta un’interpretazione asseritamente più estensiva della locuzione “sale da gioco” che ha infine consentito alle sale ex art. 88 di vedere rimandato il loro obbligo di rimozione alla diversa data riservata alle sale ex art. 86.   L’auspicio è che nel frattempo prevalga il buonsenso anche per le altre verticali distributive consentendo loro di operare, individuando, peraltro, le giuste misure di contrasto al disturbo da gioco d’azzardo ed evitando di abbandonare i territori all’offerta illegale per una domanda di gioco che comunque esiste e che invece come è noto può e deve essere soddisfatta con prodotti misurati e controllati per tutti i riflessi positivi che ciò comporta sul piano degli interessi generali in gioco.

21 settembre 2020

Geronimo Cardia

 



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