02 Nov La resa dei conti passa dal Piemonte (Articolo Gioconews novembre 2017)
Articolo dell’ Avv. Geronimo Cardia apparso sul numero di novembre della rivista specializzata Gioconews
Mentre Stato e Regioni raggiungono finalmente l’intesa voluta dal legislatore, la Regione Piemonte espelle il gioco legale col proibizionismo del distanziometro
Nel periodo in cui Stato e Regioni cominciavano ad affrontare il dibattito del proibizionismo inflitto al gioco legale dalla normativa territoriale nell’ambito della Conferenza Unificata voluta dal legislatore nel dicembre del 2015, con la legge regionale numero 9 del 2 maggio 2016 la Regione Piemonte ha ritenuto di intervenire con la formulazione di “Norme per la prevenzione e il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico” e, si chiarisce nel testo, “finalizzate a prevenire il gioco d’azzardo patologico (Gap) e a tutelare le fasce più deboli e maggiormente vulnerabili della popolazione, nonché a contenere l’impatto delle attività connesse all’esercizio del gioco lecito sulla sicurezza urbana, sulla viabilità, sull’inquinamento acustico e sulla quiete pubblica.”.
Ci sono diversi aspetti che colpiscono. Alcuni, va detto, non sono propri del caso piemontese e si ritrovano anche in altri provvedimenti territoriali. Un primo aspetto è che la norma piemontese non prevede disposizioni contro il gioco illegale e contro gli effetti che questo possa produrre nei confronti degli interessi di carattere generale pure richiamati. Un secondo aspetto è quello relativo al fatto che la norma si determini ad agire non nei confronti di tutte le forme di gioco legale, ma solo quelle che avvengano attraverso al distribuzione sul territorio, e tra queste solo quelle che interessano i soliti apparecchi 110 comma 6 (Awp e Vlt), partendo da quelle distribuite “all’interno di esercizi pubblici e commerciali, di circoli privati ed in tutti i locali pubblici od aperti al pubblico”, per poi interessare quelle gestite dai “titolari delle sale da gioco e delle sale scommesse esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge [che] si adeguano (…) entro i tre anni successivi a tale data ovvero entro i cinque anni successivi a tale data nel caso di autorizzazioni decorrenti dal 1° gennaio 2014 (…) [nonché i] “titolari di licenza per l’esercizio delle scommesse, di cui all’ articolo 88 (…) concessa tra il 1° gennaio 2015 e il 27 ottobre 2016”. Sul punto non può non registrarsi, ancora una volta, una differenziazione di trattamento che presuppone scelte e conseguenze così importanti che è necessario siano sorrette da solide ragioni scientifiche otre che sociologiche, e che non siano solo legate a sfere valutative proprie delle impressioni, dell’istinto, delle sensazioni, del comune sentire, o dell’opinione pubblica. Un terzo aspetto è poi quello della natura dei luoghi sensibili del distanziometro individuati dalla Legge Regionale: “a) istituti scolastici di ogni ordine e grado; b) centri di formazione per giovani e adulti; c) luoghi di culto; d) impianti sportivi; e) ospedali, strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o sociosanitario; f) strutture ricettive per categorie protette, luoghi di aggregazione giovanile ed oratori; g) istituti di credito e sportelli bancomat; h) esercizi di compravendita di oggetti preziosi ed oro usati; i) movicentro e stazioni ferroviarie”, oltre naturalmente a tutti quelli che i comuni vorranno individuare.
Ebbene, sull’elenco si è più volte avuto modo di richiamare quanto esso sembra idoneo a tutelare il pubblico più dagli effetti di apposizioni di antenne fisse delle reti dei telefoni cellulari che dalla tentazione di giocare. Si pensi infatti che – eccezion fatta per bancomat e compro-oro – si tratta di luoghi uniti dal denominatore comune di rappresentare ambienti in cui le persone stazionano con gradata continuità.
LA SPECIFICITA’ PIEMONTESE – Vi sono poi degli aspetti che sono invece si presentano come specifici del caso piemontese in esame. Un primo aspetto è certamente quello del tempismo (o meglio del non tempismo) già richiamato in apertura: mentre è chiaro che l’ordinamento giuridico italiano ha scelto di trovare soluzioni diverse dal proibizionismo ideato dalla normativa territoriale, viene approvata un norma territoriale che invece proibisce. V’è poi un duplice passaggio che disegna il distanziometro piemontese che lo distingue da altri. Da un lato, si impone una metratura di interdizione (300 o 500 metri) modulata e gradata sulla base delle dimensioni demografiche dei comuni, dall’altro, si indica un sistema di computo delle aree di interdizioni non più legato al raggio di un cerchio ma “al percorso pedonale più breve”. A una prima valutazione è sembrato che si fosse compiuto uno sforzo da parte del legislatore regionale per evitare di cadere nel pluri-denunziato proibizionismo dell’Effetto Espulsivo, da un lato diminuendo da 500 a 300 la metratura di interdizione per i comuni più piccoli (su cui le grandi distanze di interdizione hanno maggiore effetto in termini percentuali di territorio), dall’altro, sostituendo a quello che si riteneva più ampio raggio una linea spezzata come quella del percorso pedonale (supponendo che una linea spezzata renda interdetta un’area più limitata di territorio rispetto a quella imposta con una linea retta come è il raggio di solito usato dalla normativa territoriale). Ma purtroppo la verità è un’altra.
Negli studi peritali affrontati, i metri continuano ad essere troppi e i percorsi pedonali si sono rivelati spietati quanto il tradizionale raggio di interdizione. Si pensi che il percorso pedonale calpestabile altro non è che una polilinea di interdizione che partendo dall’ingresso del luogo di interesse contagia di divieto ogni possibile direzione. E quindi le analisi, questa volta molto più impegnative rispetto al disegno di cerchi di interdizione, con le mappature di tutte le possibili polilinee di interdizione, hanno portato, purtroppo, ancora una volta, alla certificazione del divieto sull’intero territorio sia del Capoluogo di Regione, il più grande Comune della Regione, sia di comuni più piccoli. Quindi, si deve prendere atto che la Legge Regionale del Piemonte, concepita in pieno dibattito di Conferenza Unificata, prevede un distanziometro viziato da eEfetto Espulsivo. Altro aspetto che colpisce è il termine di entrata in vigore dell’espulsione: solo 18 mesi dalla entrata in vigore del distanziometro. La Legge Regionale impone che gli apparecchi 110 comma 6 spariscano dai locali degli esercenti (fondamentalmente bar) che si trovano in luoghi vietati (tutti per l’Effetto Espulsivo) entro 18 mesi dalla entrata in vigore della Legge. Un anno e mezzo per chiudere i battenti, nonostante anche la Corte Costituzionale, sia pure riferita al distanziometro della Regione Puglia, abbia dato un chiaro segnale contro l’Effetto Espulsivo dei provvedimenti del territorio, eccedenti lo scopo ed idonei a paralizzare le iniziative imprenditoriali ed a ledere il principio dell’affidamento (Corte Costituzionale n. 108 del 2017).
Altro aspetto che non passa inosservato è quello della tempistica, non della emanazione della legge in relazione alla quale si è già detto, ma dell’entrata in vigore dell’espulsione piemontese: i 18 mesi coincidono sostanzialmente con i tempi per l’emanazione del decreto ministeriale attuativo dell’Intesa raggiunta in Conferenza Unificata che tutto ha previsto tranne l’espulsione dal territorio del gioco legale. Rilevante, in proposito, ricordare il passaggio dell’Intesa su come tutti sono stati d’accordo nel gestire i distanziometri: “Le Regioni e gli Enti locali – al fine di una maggiore efficacia nella prevenzione dei minori e nella lotta alla ludopatia, nonché nel contrasto all’insediamento del gioco illegale e considerato che i punti gioco a regime saranno, complessivamente, la metà circa dei punti di gioco pubblico attualmente in esercizio – adotteranno, nei rispettivi piani urbanistici e nei regolamenti comunali, criteri che, tenendo anche conto della ubicazione degli investimenti esistenti, relativi agli attuali punti di vendita con attività di gioco prevalente, con la finalità di garantire la tutela della salute pubblica e della pubblica sicurezza, consentano una equilibrata distribuzione nel territorio allo scopo di evitare il formarsi di ampie aree nelle quali l’offerta di gioco pubblico sia o totalmente assente o eccessivamente concentrata”. Sul punto certamente non può ritenersi salvifico per l’espulsione piemontese l’altro passaggio dell’intesa laddove si precisa che: “Le disposizioni specifiche in materia, previste in ogni Regione o Provincia autonoma, se prevedono una tutela maggiore, continueranno comunque a esplicare la loro efficacia. Inoltre le Regioni e le Province autonome, ai fini del contrasto delle patologie afferenti alla dipendenza da gioco d’azzardo, potranno prevedere forme maggiori di tutela per la popolazione”. E ciò in quanto, come si è avuto modo di cristallizzare in altre occasioni, proibire non vuol dire dare “maggior tutela”, anzi. E allora cosa aspettarsi? Va detto che, in un contesto complicato per certi versi (l’ordinamento giuridico in materia di giochi in effetti non è di immediata commestibilità neanche per i più raffinati improvvisatori) ed ostico per altri (il gioco legale è un prodotto “adolescente” che soffre della valutazione da parte dell’opinione pubblica anch’essa “adolescente” in quanto da poco tempo impegnata ad esprimersi), la politica locale ha dimostrato recentemente in due casi una grande consapevolezza del problema nei suoi 360 gradi, compiendo scelte di alta responsabilità.
LE SCELTE DELLA LIGURIA E DI NOVARA – In particolare, la Regione Liguria ha operato la sospensione del termine per l’entrata in vigore della espulsione dal territorio regionale e il Comune di Novara ha rivisto (sia pure per gli orari) le quantificazioni di interdizione per evitare la chiusura dell’offerta di gioco legale. Questi due provvedimenti meritano di essere valorizzati. In particolare, la Regione Liguria, con Legge Regionale numero 7 del 6/4/2017 ha inteso attendere l’esito dei lavori della Conferenza Unificata, prevedendo espressamente all’articolo 4 “Modifiche all’articolo 2 della legge regionale 30 aprile 2012, n. 17 (Disciplina delle sale da gioco)” che “Al secondo e al terzo periodo del comma 1 dell’articolo 2 della l.r. 17/2012, la parola: “cinque” è sostituita dalla seguente: “sei” e alla fine del comma sono aggiunte le parole: “Entro aprile 2017 si dà inizio al tavolo di lavoro””.
In particolare, il Comune di Novara con l’ordinanza 861 del 10/8/2017 ha rivisto limiti e fasce di orario, “Considerato che diversi operatori del settore del gioco pubblico – sale pubbliche da gioco e sale vlt, esercizi di somministrazione e rivendite di tabacchi – hanno rappresentato all’Amministrazione comunale, nel corso di diversi incontri, notevoli difficoltà nella conduzione delle rispettive attività a seguito della drastica riduzione degli orari di funzionamento degli apparecchi gioco disposta con la più volte citata ordinanza sindacale n. 346/2016; in particolare, si riferisce, le 9 ore di apertura previste per il funzionamento degli apparecchi gioco con vincite in denaro risulterebbero eccessivamente limitate e non proporzionate alla necessità di garantire condizioni tali per per poter consentire l’esercizio dell’attività, comportando una riduzione, anche drastica dei ricavi, a fronte di costi di natura fissa che rimarrebbero invece invariati (quali ad esempio, l’affitto dei locali, i salari dei dipendenti, i costi dei servizi, …) che, con il consolidamento degli effetti dell’ordinanza impugnata finirebbero con l’avere conseguenze negative sui livelli occupazionali e comportare il rischio di chiusura degli stessi esercizi; Ravvisato che sia compito dell’Amministrazione comunale contemperare gli interessi contrapposti che vengono a concretizzarsi nelle diverse situazioni da disciplinare, attraverso una ponderata valutazione degli stessi prevedendo, con riguardo alla fattispecie di che trattasi, una fascia oraria di funzionamento degli apparecchi gioco con vincita in denaro che, nel rispetto delle disposizioni normative in materia, consenta comunque di tutelare l’accresciuta esigenza sociale di protezione delle fasce più deboli maggiormente esposte al fenomeno della ludopatia, tenendo comunque in considerazione l’esigenza di sostenere le attività economiche stanziate sul territorio comunale garantendone condizioni che ne consentano lo svolgimento e lo sviluppo”.
Dunque, oggi il Governo della Regione Piemonte ha un’importante possibilità. Quella di dimostrate la concreta intenzione di affrontare la regolamentazione del gioco legale con criteri adeguati e misurati, sospendendo il distanziometro viziato da Effetto Espulsivo, riservandosi di rimeditare una politica con azioni di tutela efficace degli interessi richiamati, coerentemente con i principi dell’Intesa. Diversamente, non resterà che far valere l’illegittimità dei provvedimenti espulsivi innanzi alla magistratura competente.