01 Feb I TERRITORI DEL GIOCO LECITO: A BOLOGNA FOCUS SULLA QUESTIONE TERRITORIALE
La città di Bologna e l’intera Emilia-Romagna sembrano essere divenuti tra i territori più ostili nei confronti del gioco pubblico. Basti pensare alle distanze dai cosiddetti ‘luoghi sensibili’ imposte dall’amministrazione comunale per l’apertura di esercizi con slot machine, che hanno raggiunto addirittura i mille metri, rappresentando una sorta di primato tra le varie restrizioni introdotte dagli Enti locali nella Penisola. O all’altra misura prevista di recente dalla Regione che impone limiti all’utilizzo delle apparecchiature di tipo ‘redemption’ nei confronti di soggetti minorenni, andando così a vietare, di fatto, ai minori dei giochi rivolti esclusivamente a loro. Dando vita a quello che gli addetti ai lavori non hanno esitato a definire un paradosso normativo e un autentico pastrocchio regolamentare. Ma comunque in vigore, con grande preoccupazione dell’industria, tenendo conto che proprio l’Emilia-Romagna, grazie alla Riviera, nella stagione estiva rappresenta da sempre la principale sede per l’intrattenimento italiano con il maggior numero di sale giochi del nostro paese. E che ora rischiano di chiudere bottega, in virtù delle nuove restrizioni (e si badi bene che si fa qui riferimento alle sale giochi tradizionali, che offrono cioè giochi di puro intrattenimento e non ‘di azzardo’).
Insomma, la situazione del gioco pubblico in Emilia sembra essere precipitata. Per un territorio che da virtuoso (come ha sempre saputo essere, storicamente, questa regione, in tutti i casi), essendo stato uno dei primi a introdurre una normativa sul gioco che appariva (all’epoca) ragionevole e potenzialmente sostenibile, sta diventano una ‘zona rossa’ per il gaming. E’ quindi evidente che anche qui è esplosa quella che abbiamo battezzato, ormai diverso tempo fa, la ‘Questione territoriale’ del gioco pubblico: vale a dire il conflitto tra Stato centrale ed Enti locali sulla regolamentazione del comparto.
Una situazione che rende ancora più interessante il dibattito proposto dalla Fondazione Forense Bolognese mercoledì 1° febbraio nel quale si analizzano aspetti giuridici, normativi e amministrativi riguardo alla disciplina del settore. Mettendo anche a confronto le esigenze degli enti locali con quelle dell’industria, alla ricerca di quella sintesi perfetta che continua a sfuggire, e da troppo tempo, a livello nazionale.
Eppure i paradossi legislativi legati al comparto del gioco, seppure esplorati in questi ultimi mesi, supper esplorati in questi ultimi mesi, non sono suo intervento il legale Gabriele Bordoni, tra i relatori del dibattito, conducendo un resoconto storico sul gioco d’azzardo e sulle ragioni etico-politiche del suo contrasto, raccontando di quel che era prima del 2004. Disvelando quella che definisce “l’interna incoerenza ed ipocrisia del sistema attuale”, descrivendo anche altri fenomeni consimili a quello oggetto dell’incontro, come per esempio l’atteggiamento del nostro Paese sulle liberalizzazioni.
Un excursus che ben si presta a introdurre la materia, discussa e approfondita attraverso la presentazione del libro ‘La questione territoriale’, condotta dall’autore, Geronimo Cardia, in un dibattito che coinvolge anche l’altro legale e presidente di Assotrattenimento, Massimiliano Pucci. In una discussione che, oltre a rivelare le anomalie della situazione attuale in cui si trova il settore e le criticità dal punto di vista amministrativo, esprime la necessità di un punto di incontro.
Del resto, come spiegato nel libro e come ribadito nel corso del dibattito, è del tutto evidente che se gli Enti locali hanno sentito e sentono oggi la necessità di intervenire a livello regolamentare è perché lo Stato risulta carente nelle politiche di gestione del gioco. Come spiega Nadia Monti, già assessore alla Legalità del Comune di Bologna, coordinatrice regionale di Avviso Pubblico, nel descrivere le ragioni e il percorso seguiti dall’amministrazione locale nell’arrivare a redigere una norma specifico sul gioco.