14 Dic IL GRAN CONFLITTO (GIOCONEWS DICEMBRE 2014)
In questi giorni si assiste al proliferare di iniziative da parte dei sindaci volte a porre limiti di orari sia alla apertura e chiusura degli esercizi dove si distribuisce il gioco legale sia al funzionamento di apparecchi in altri e diversi esercizi commerciali.
Gli operatori del settore (rappresenti dell’intera filiera, dai concessionari ai gestori, agli esercenti) non hanno mancato di protestare e di ricorrere, in alcuni casi fino ad ottenere anche inaspettati decreti di sospensiva come nel caso del tar Lombardia per le ordinanze di Milano e Pavia.
I ricorsi sono stati presentati nella consapevolezza sotto il profilo della competenza/incompetenza comunale, le impugnazioni sono di esito incerto posto che la sentenza della Corte Costituzionale dello scorso luglio ha aperto le porte in maniera importante alla possibilità dei Comuni di usare l’art. 50 comma 7 del Tuel anche in materia di giochi. Per questo le impugnazioni spostano il tiro delle contestazioni dalla incompetenza ad altri e diversi profili, altrettanto rilevanti, quali l’inadeguatezza della misura (anche sollecitando valutazioni di esperti), l’impossibilità di usare l’articolo richiamato per l’accensione e lo spegnimento degli apparecchi, l’inadeguatezza dell’istruttoria (per una vera mancanza di analisi del fenomeno nella sua reale portata) e la possibilità che la misura impatti sulla probabilità di rispettare i livelli di servizio posti in convenzione ed imposti a cascata su base contrattuale sugli operati soggetti abilitati gestori di sala, gestori ed esercenti.
Una cosa fa sentire gli operatori non soli in questa battaglia. E si tratta di una valutazione che va oltre la solidarietà di persone o istituzioni. Gli operatori non devono sentirsi soli per il fatto che almeno sulla carta la legge nazionale sembra da tempo invocare esigenze di unitarietà di trattamento sull’intero territorio dello stato che però, almeno al momento, appaiono trascurate. Ed infatti, forse stanco delle denunziate continue fughe in avanti di enti territoriali in materia di gioco legale che nell’intento di far bene in realtà si trovano a creare importanti disagi sul piano della gestione della cosa pubblica (gettito, ordine pubblico, effettivo contenimento della ludopatia), l’ordinamento giuridico nazionale si sta evolvendo nella direzione giusta di prevedere si un coinvolgimento degli enti territoriali ma che sia ordinato e coordinato con i principi posti dal legislatore nazionale.
Anche la disciplina comunale degli orari presenta chiari spunti di incoerenza rispetto sia ai principi posti in sede di delega fiscale (approvata con la Legge n. 23 dell’11.03.2014), sia all’approvanda riforma del titolo V della parte II della Costituzione (art. 24 e ss. del DDL n. 1429 – approvato dal Senato l’8 agosto 2014). Il Legislatore (con l’attribuzione di delega fiscale) ma anche il Governo (che deve attuarla e che notoriamente spinge per la riforma costituzionale) stanno dando segnali importanti e utili alla soluzione della questione che ci occupa.
L’art. 14 della Delega fiscale 2014 approvata con la Legge n. 23 dell’11.03.2014 dispone il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici in un codice delle disposizioni sui giochi, con intento di regolamentare il settore in modo unitario e uniforme a livello nazionale, nel rispetto di alcuni principi, tra cui “introdurre e garantire l’applicazione di regole trasparenti e uniformi nell’interno territorio nazionale in materia di titoli abilitativi all’esercizio dell’offerta di gioco, di autorizzazioni e di controlli, garantendo forme vincolanti di partecipazione dei comuni competenti per territorio al procedimento di autorizzazione e di pianificazione, che tenga conto di parametri di distanza da luoghi sensibili validi per l’intero territorio nazionale, della dislocazione locale di sale da gioco e di punti di vendita in cui si esercita come attività principale l’offerta di scommesse su eventi sportivi, nonché in materia di installazione degli apparecchi idonei per il gioco lecito di cui all’articolo 110, comma 6 lettera a) e b) del TULPS”. Tra i principi, poi, si prevede una partecipazione del territorio alle determinazioni in materia di distribuzione del gioco esclusivamente attraverso “forme vincolanti di partecipazione dei comuni competenti per territorio” che non includono quindi poteri autonomi deliberativi. Il tutto nel rispetto della “riserva dello Stato della definizione delle regole necessarie per esigenze di ordine e sicurezza pubblica, assicurando la salvaguardia delle discipline regolatorie nel frattempo emanate a livello locale che risultino coerenti con i principi delle norme di attuazione della presente lettera”.
Appare, dunque, evidente il duplice intento del Legislatore nazionale di: (i) uniformare la disciplina a livello nazionale nel settore del gioco lecito anche alla luce delle normative locali nel frattempo emanate, che rispettino però i principi attuativi enunciati nella delega fiscale; (ii) regolamentare e non impedire o espellere dal territorio nazionale le attività relative al gioco lecito per perseguire l’intento di tutelare la fede, l’ordine e la sicurezza pubblica; contemperare gli interessi erariali con quelli locali e con quelli generali in materia di salute pubblica; prevenire il riciclaggio dei proventi di attività criminose; garantire il regolare afflusso del prelievo tributario gravante sui giochi.
Sotto altro profilo, il legislatore nazionale sembra dare un altro chiaro segnale di stop alle iniziative territoriali che si spingono a vietare sul territorio la distribuzione del gioco legale sia con limitazioni di orari sia con apposizioni di distanziometri per motivi di salute: e su questo sembra potersi richiamare la riforma costituzionale del titolo V, tutt’ora al vaglio del Parlamento. L’art. 117 della Cost., nella nuova veste, attribuisce alla Stato la legislazione esclusiva in materia di norme generali per la tutela della salute. Concede poi allo Stato, ed è qui un altro segnale forte, la possibilità di “intervenire in materie o funzioni non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica della Repubblica o lo renda necessario la realizzazione di programmi o di riforme economico-sociali di interesse nazionale”.
Detta riforma di fatto accentra la competenza esclusiva in materia di salute e, dunque, tutti i provvedimenti regionali e/o provinciali adottati in forza della competenza concorrente andranno valutati anche alla luce della riforma costituzionale in itinere. L’esigenza di unitarietà di disciplina in materia di salute, nonché l’esigenza di una capillare istruttoria a livello nazionale tesa a garantire l’efficacia delle misure adottate in materia di gioco rispetto alle finalità perseguite, spingono il Legislatore nazionale ad attrarre a sé la competenza esclusiva in materia, impedendo così, si spera, che le amministrazioni locali possano intervenire con normative disomogenee ed inefficaci rispetto ai propositi perseguiti.